Nonostante un colpo di reni nella seconda metà dell'anno, nel 2016 Piazza Affari ha messo a segno il peggior risultato tra le Borse dei Paesi sviluppati (Lisbona esclusa), con l’indice guida Ftse-Mib che ha chiuso a -10,2% pur avendo recuperato ben 15 punti dai minimi di metà anno. E' da tempo che la Borsa italiana sottoperforma tutti i principali mercati internazionali, con i grandi investitori esteri ormai abituati a sottopesarla in portafoglio. Ma nel 2017 come andrà?
Forse quest’anno sull’Italia si può provare a essere ottimisti. Dopo diversi anni di crescite (o decrescite) asincrone tra le varie aree del mondo, il 2017 dovrebbe infatti essere finalmente un anno di crescita globale sincronizzata, spiega Guglielmo Manetti, vicedirettore generale di Intermonte Advisory e Gestione (la divisione di Intermonte sim che si occupa di risparmio gestito e advisory). «Riteniamo che sia molto significativo: è infatti dal periodo 2002-2004, o dal rimbalzo generalizzato di tutte le principali economie dopo la crisi Lehman del 2009 o, infine, dal rimbalzo del 2014-2015 che non si verifica una crescita sincrona dell’Italia con le principali altre economie europee», continua l’analista.
Secondo fattore incoraggiante, dopo la crescita globale sincronizzata, è il rialzo atteso dei tassi di interesse, legato soprattutto ad attese di inflazione in miglioramento. «È evidente la correlazione tra irripidimento della curva dei rendimenti, legata a vari fattori tra cui certamente un aumento dell’attesa di inflazione a breve, e l’andamento del settore bancario, per cui l’attività creditizia tradizionale e il margine di interesse beneficiano dalla possibilità di poter impiegare a tassi più alti», sottolinea l’analista. Esiste infatti una forte correlazione tra il differenziale di tassi lungo-breve tedesco e l’andamento del settore bancario europeo: pur considerando la differente situazione dell’Italia, alle prese con la ricapitalizzazione delle banche in crisi, è probabile un identico beneficio, dato che il margine di interesse - principale beneficiario di questo trend di tassi - rappresenta ancora la principale fonte di ricavo per le banche tradizionali.
Il terzo motivo di speranza per l’Italia è rappresentato dall’avvio della grande rotazione da obbligazionario ad azionario, innescato dal rialzo dei tassi statunitensi. «Riteniamo che il movimento dei tassi dovrebbe contribuire a ribaltare almeno in parte il flusso enorme di asset che al momento sono ancora nell’obbligazionario - spiega l'analista di Intermonte Advisory e Gestione - aiutato anche da un crescente attivismo della Fed in questo senso». Il nostro Paese dovrebbe essere un beneficiario in maniera ridotta di un trend a favore dell’azionario, ma dato il livello bassissimo degli asset investiti in Italia, anche un incremento marginale potrà rappresentare una buona notizia.
Ad aiutare Piazza Affari potrebbe arrivare poi, in quarto luogo, un intensificarsi di fusioni e acquisizioni italiane. In realtà il 2016 è stato un anno meno vivace dal punto di vista del M&A rispetto al 2015, che aveva visto operazioni importanti su società anche di grande dimensione come Pirelli e Italcementi. Manetti ritiene che, malgrado tutte le difficoltà politiche, ci possa essere un ritorno del M&A nel 2017 che potrebbe addirittura coinvolgere anche il settore finanziario, dopo il forte rafforzamento patrimoniale del settore negli ultimi anni e all’interno di uno scenario più favorevole sul fronte tassi.
Piccolo-medio è meglio? Secondo l'analisi di Intermonte, le mid-small caps continueranno a dare ottime soddisfazioni agli investitori: godono di una vocazione maggiormente internazionale, di una positiva correlazione col dollaro e, più in generale, di una buona esposizione a quella crescita globale sincronizzata attesa almeno nella prima parte dell’anno.
Tirando le somme: nel primo trimestre del 2017, con i principali appuntamenti elettorali europei ancora a distanza, Piazza Affari non dovrebbe deludere. A spingerla anche una rotazione tra i temi vincenti degli ultimi anni (utilities, consumers-lusso, growth e mid-small caps in genere) e quelli fino a ieri meno di moda come finanziari, petroliferi e telecom, ora destinati a dare buona prova.
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