Una distruzione di valore che ha il peso di una maxi manovra finanziaria di altri tempi e che vale l’1,5% del Pil italiano. Quei 24 miliardi di euro andati in fumo sono l’epilogo amaro rappresentato dalle perdite subite dagli azionisti delle banche fallite e salvate del Paese. Quel falò immenso riguarda una platea di oltre 380mila persone: sono i soci che hanno visto di fatto azzerare il loro investimento nelle varie Mps; Popolare di Vicenza; Veneto Banca e le 4 good banks. La parte del Leone spetta ovviamente a Mps, la più antica banca del mondo che sarà nazionalizzata con lo Stato che inietterà 6 miliari di euro diventando l’azionista principe con una quota intorno al 70%. Per Siena e i suoi 175mila soci succedutesi nel tempo la distruzione di valore borsistico vale la bellezza di oltre 12miliardi di euro. Altri 11 miliardi è il bagno di sangue toccato in sorte ai 200mila soci delle due Popolari venete. Seguono le 4 banche locali.
La Banca Etruria da sola, l'unica quotata delle 4 banche locali, valeva in Borsa subito dopo la crisi Lehman oltre 400 milioni di euro. Con la risoluzione della vecchia banca il valore azionario è stato azzerato. Centinaia di milioni sono andati in fumo sui titoli di Banca Marche della Chieti e di Ferrara. Si dirà che era capitale di rischio e che ovviamente il piccolo socio quando compra titoli diventa proprietario di un pezzo seppur piccolo della banca. E se la banca va a gambe all'aria non c'è nessuna rete di salvataggio.
Tutto vero. Ma come è stato descritto nelle inchieste giudiziarie e nelle cronache giornalistiche c'era ovunque in tutti questi casi molta opacità, per usare un eufemismo, nella gestione della banca e nei suoi conti. Basti pensare alle due banche venete con i loro ex vertici indagati. I titoli non erano quotati e il valore a cui venivano venduti ai piccoli soci era stabilito dalla stessa banca. Sia Vicenza che Montebelluna vedevano rivalutare l'azione anno su anno. Vicenza arrivò a vendere i suoi titoli a 62,5 euro. Montebelluna a 40,5 euro. Come si è visto valori del tutto arbitrari che non fotografavano affatto lo stato di salute dei due istituti. Montagne di crediti malati erano infatti tenuti a bilancio come se fossero esigibili falsando la redditività delle due banche.
L'opera di pulizia chiesta alla fine con grave ritardo dalle Autorità ha fatto emergere le perdite miliardarie dalle svalutazioni obbligate di sofferenze e incagli che hanno eroso il patrimonio tanto da richiedere l'intervento consortile del Fondo Atlante pena il crac. Non solo il valore dei titoli era dopato dalla falsa rappresentazione dei crediti in default, ma sia a Vicenza che a Montebelluna era in voga il gioco spregiudicato di piazzare le azioni delle due banche in cambio di prestiti e mutui. Vendite forzate quindi con l'intento di capitalizzare le due banche man mano che si erogava credito.
Ed era talmente importante per i banchieri indagati in Veneto tenere alto il patrimonio da spingere a un'erogazione del credito quanto meno disinvolta. Il film di Siena è la cronaca di una rovina annunciata. Parte con l'acquisizione folle per 9 miliardi (tre volte il capitale) della malandata AntonVeneta che ha pesato, non solo portando sofferenze in casa Siena, ma con la svalutazione miliardaria dell'avviamento. Poi anche qui è andata in scena una politica di gestione dei prestiti quanto meno opinabile. Mps infatti già nel 2012 mostrava tassi di sofferenze e incagli sugli impiegh ben al di sopra della media del sistema bancario. Crediti malati che hanno accelerato la corsa negli anni successivi arrivando a pesare per valori doppi del sistema bancario ai giorni nostri. Il disastro senese con la banca che cumulato perdite per oltre 14 miliardi negli ultimi 5 anni è figlio proprio della continua svalutazione di sofferenze e incagli che da sole sono ammontate a oltre 15 miliardi.
Un bagno di sangue che ha costantemente mangiato ogni aumento di capitale fatto dalla banca. Se c'è un filo rosso che lega tutte queste vicende è proprio l'anomalia profonda nel portafoglio prestiti mai rientrati. Da Mps alle due venete alle 4 banche locali la spia rossa era proprio rappresentata dal peso fuori misura delle sofferenze e degli incagli rispetto alle altre banche. Si potrà invocare la crisi, ma la crisi ha impattato su tutte le banche e non si capisce perchè solo alcune presentavano accumuli di sofferenze fuori controllo. Evidentemente la pratica della sana e prudente gestione del credito, quella regola aurea che i banchieri dovrebbe sapere a memoria, era del tutto sconosciuta a Siena come a Vicenza come ad Arezzo. Il risultato è quel falò irrecuperabile di 24 miliardi di ricchezza svanita.
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