Un giorno dopo le accuse dell’Epa - l’agenzia americana per l’ambiente - a Fiat Chrysler, anche Bruxelles mette sotto pressione l’azienda sul tema delle emissioni inquinanti dei motori diesel. La Commissione Ue ha dichiarato che prenderà contatti con l’Epa, l’agenzia americana per l’ambiente, per verificare «le potenziali implicazioni per i veicoli venduti nella Ue»; ma soprattutto, la Commissione è tornata sulla polemica italo-tedesca del 2016, seguita ai test effettuati in Germania: la motorizzazione tedesca aveva accusato Fiat di aver dotato la Fiat 500X con motore diesel 2 litri di un software che riduce i controlli sulle emissioni dopo 22 minuti, ovvero appena più della durata dei test di omologazione. Dal settembre scorso Bruxelles sta svolgendo un ruolo di mediazione tra Germania e Italia e ieri la portavoce dell’Industria Lucia Caudet ha detto di aver «ripetutamente chiesto alle autorità italiane di fornire al più presto spiegazioni convincenti. Il tempo sta per scadere e prevediamo di concludere in tempo brevi le indagini sui modelli Fiat».
Negli Usa, intanto, la «notifica di violazione» inviata dall’Epa a Fca potebbe essere seguita dall’apertura di un’indagine penale dal ministero della Giustizia. Un atto praticamente scontato (si veda l’articolo qui sotto) ma che rende più difficile per l’amministrazione Trump un insabbiamento totale della vicenda.
Ieri Fiat Chrysler ha recuperato in Piazza Affari parte del terreno perso giovedì: il titolo ha aperto con un rimbalzo fino al 7%, per ridiscendere e chiudere con un guadagno del 4,6% a 9,185 euro; a Wall Street, dove Fca aveva recuperato già giovedì sera, la giornata di ieri si è invece chiusa con un ribasso superiore al 2%. A fronte delle ipotesi più pessimistiche sulle possibili conseguenze finanziarie delle indagini Usa (con una multa massima di 4,6 miliardi di dollari, secondo la stessa Epa), gli analisti puntano su un impatto molto inferiore.
Per quanto riguarda la vicenda italo-tedesca, Bruxelles non ha poteri coercitivi né sui Governi né sulle aziende. Ieri da Roma, in una nota del ministero dei Trasporti, il vice ministro Nencini scrive che «il Governo italiano sta collaborando con commissione Europea e nonostante le ripetute rassicurazioni date su Fca è incomprensibile l'insistenza del Governo tedesco di fronte alle risposte già ottenute dal Mit». Le posizioni non sembrano dunque vicine, anche se in teoria alla fine del periodo di mediazione mancano poche settimane. Ieri sono arrivate richieste di chiarimenti sul caso più recente - quello dell’Epa - anche da Londra. «Cerchiamo di ottenere maggiori informazioni da parte dell'Agenzia americana per la difesa dell'ambiente rispetto alle sue preoccupazioni sulle emissioni dei veicoli» ha affermato un funzionario del Ministero britannico dei Trasporti.
Ieri un portavoce del Lingotto ha ribadito che «Fca è impegnata in un dialogo con l’Epa e il Dipartimento di Giustizia da diversi mesi, e continuerà a collaborare con le loro indagini in corso». L’indagine penale che potrebbe aprirsi negli Usa si aggiungerebbe ad almeno tre class action contro Fca sui motori diesel. La prima si riferisce agli stessi modelli oggetto dell’inchiesta resa nota giovedì, e accusa Fca di aver installato un software della Bosch in grado di mascherare le emissioni in eccesso. Altre due cause riguardano i pick up di maggiori dimensioni prodotti negli anni 2007-2012; una di essi coinvolge anche Cummins, che produce i motori diesel.
Dopo le accuse di Sergio Marchionne sullo «strano tempismo» dell’annuncio Epa a una settimana dal cambio al vertice dell’agenzia, quest’ultima ha preso ieri un’altra decisione che va contro agli auspici dei costruttori ed è in contrasto con le possibili future politiche dell’amministrazione Trump: ha confermato gli obiettivi di riduzione dei consumi di qui al 2025, negoziati con le case automobilistiche nel 2012. Le aziende sostenevano che gli obiettivi sono tgroppo ambiziosi, anche alla luce dello spostamento del mercato verso veicoli più pesanti e inquinanti come Suv e pick up..
Ieri Fiat Chrysler ha recuperato a Milano parte del terreno perso giovedì: il titolo ha aperto con un rimbalzo fino al 7%, per poi ridiscendere e chiudere con un guadagno del 4,6% a 9,185 euro; a Wall Street, dove Fca aveva recuperato già giovedì sera, a un’ora dalla chiusura il titolo era in ribasso del 3%. A fronte delle ipotesi più pessimistiche sulle possibili conseguenze finanziarie delle indagini Usa (con una multa massima di 4,6 miliardi di dollari, secondo la stessa Epa), gli analisti puntano su un impatto molto inferiore. Secondo Exane Bnp Paribas, per esempio, nell’ipotesi di una semplice violazione degli obblighi informativi Fca potrebbe cavarsela con una multa da 140 milioni di dollari; l’onere salirebbe a 1,9 miliardi se l’Epa dimostrasse (ipotesi respinta da Fca) che i motori contengono effettivamente un defeat device illegale; potrebbe arrivare infine a 4 miliardi in caso di obbligo di riacquisto.
L’agenzia Fitch ha scritto che il rating del debito Fca (BB- con prospettive positive) potrebbe essere messo sotto pressione se venissero confermate le accuse dell’Epa. «Un onere multimiliardario potrebbe rinnovare le pressioni sul rating o sull’outlook positivo» anche se Fca ha una liquidità robusta (13,9 miliardi di euro alla fine del terzo trimestre, sostenuta anche da credit facilities per 6,2 miliardi a fine settembre 2016) che copre ampiamente le scadenze a cui il gruppo deve far fronte nel 2017, le multe stimate e altri costi potenziali legati alle recenti accuse dell'Epa.
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