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Alitalia accelera sul piano industriale

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Alitalia accelera sul piano industriale

Alitalia nelle sue proiezioni stima per quest’anno una perdita operativa (Ebit) di 275 milioni di euro e una perdita netta di 348 milioni. Ma è una stima che dentro la compagnia non viene giudicata molto attendibile, perché nelle pieghe dei conti sono evidenziati rischi rilevanti, con un onere aggiuntivo di 310 milioni per quest’anno. Questo nel caso - probabile - che non vengano centrati tutti gli obiettivi (ambiziosi) di incremento dei ricavi e di risparmio dei costi. Tali rischi potrebbero peggiorare sensibilmente il risultato operativo (che sarebbe -585 milioni) e quindi la perdita netta quest’anno potrebbe superare i 650 milioni.

Nello scenario migliore fatto da Alitalia l’utile verrebbe raggiunto nel 2019, con 76 milioni di Ebit e 3 milioni di utile netto, ma c’è sempre l’incognita dei rischi descritti. Il «profilo dopo i rischi» vedrebbe il bilancio 2019 in perdita operativa di 184 milioni e il netto in rosso per 250 milioni. Alitalia prevede di aumentare i ricavi nel 2019 di 1,2 miliardi rispetto al 2016. Ma sarà in grado di farlo un’azienda che dal 2012 al 2016 ha perso 800 milioni di ricavi?

La ponderazione dei rischi manterrebbe il bilancio in rosso fino al 2021, l’ultimo anno nelle proiezioni di Alitalia: lo scenario migliore prevede un Ebit di 230 milioni e un utile netto di 173 milioni, ma lo scenario «dopo i rischi» indica un Ebit negativo per 45 milioni, questo porterebbe nel 2021 a una perdita netta sui 100 milioni.

Queste cifre, riassunte nella tabella, dimostrano la debolezza delle ipotesi contenute nel documento di 168 pagine presentato al cda il 22 dicembre scorso, quello che la compagnia considera il «piano industriale» dell’ad Cramer Ball. Queste carte riservate, che Il Sole 24 Ore ha consultato, sono nella «data room» per l’advisor industriale Roland Berger, a cui ieri il cda ha ufficializzato l’incarico («ratificato»), insieme all’advisor finanziario Kpmg.

Nel documento di Ball non c’è però il progetto chiave a cui si lavora: è solo accennata la divisione in due parti della compagnia, tra un’attività simile a una low cost nel breve raggio («narrow body» perché usa gli aerei a corridoio stretto, Airbus 320) e il lungo raggio. Il documento non contiene i riferimenti operativi della low cost Alitalia.

Nel complesso, le cifre del «piano» Alitalia sono soggette a un’incognita da 1,3 miliardi di fabbisogno di cassa dal 2017 al 2021, aggiuntivo alle carenze attuali: questa è la somma di tutti i costi e le perdite aggiuntivi che deriverebbero tenendo conto dei rischi che peggiorerebbero l’Ebit. È per questo che le banche azioniste (Unicredit e Intesa) non credono in questo «piano» (ma c’è chi non lo considera un vero piano) e vogliono un nuovo ad al posto di Ball (tra i candidati, Corrado Passera e Mauro Moretti), difeso dal socio Etihad. Le Generali hanno confermato ieri il no alla conversione in azioni del bond per 300 milioni.

Alitalia ha chiesto aiuto ai consulenti per confezionare il «piano» finale da presentare al governo. Accantonata per ora la questione degli esuberi, che potrebbe esplodere come una bomba quando si conoscerà la vera dimensione dei tagli. Ball ha detto al cda che l’obiettivo 2017 è di fare 160 milioni di risparmio, «non relativo al costo del personale».

Adesso si cerca di accelerare la messa a punto di un modello che avvicini l’attività di Alitalia nel breve raggio a una low cost. Il project manager «narrow body», Laura Cavatorta, ieri ha guidato una riunione, dalla quale non sarebbero emerse però indicazioni concordanti. Oggi nuova riunione con Ball. Cavatorta ha indicato l’irlandese Aer Lingus come il modello cui si guarda. Un modello ibrido, non esasperato (anche nei costi) come Ryanair, easyJet o altre ipotizzate. In alternativa, si valuterà anche la cessione dei voli a breve raggio a una vera low cost. Ma c’è ancora molta confusione.

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