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Equita: nel risiko Generali il focus potrebbe passare su Mediobanca

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Equita: nel risiko Generali il focus potrebbe passare su Mediobanca

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Mediobanca come possibile crocevia del risiko Generali, i timori sul dividendo 2017 di Intesa Sanpaolo e le strategie per difendere l'italianità del Leone. Questi i temi principali su cui si concentrano gli analisti di mercato all'indomani della mossa difensiva della compagnia triestina, che acquistando il 3,01% dei diritti di voto Intesa per difendersi da un eventuale ingresso della banca nel capitale ha dato corpo alle indiscrezioni degli ultimi giorni.

Se davvero l'attuale fermento attorno alle Generali dovesse tradursi in una «business combination» con Intesa Sanpaolo, intanto, secondo gli analisti di Equita Sim «il dividendo 2017 di Intesa da 4 miliardi - su cui ora c'è alta visibilità grazie alla plusvalenza da 800 milioni su Allfunds - sarebbe meno visibile data la complessità dell'operazione in questione e i relativi costi di ristrutturazione», tanto più che «le integrazioni fra business bancario e assicurativo non hanno mai avuto grande successo».

Equita ricorda inoltre che ora «l'unico scenario strategico a disposizione» di Intesa per evitare la sterilizzazione dei diritti di voto in caso di ingresso in Generali (oltre a quello di un'opa sulla compagnia triestina) è il lancio di un'offerta di scambio, «visto che l'ipotesi di acquistare un pacchetto di titoli (15-20%) non garantirebbe alcun controllo» a causa della sterilizzazione dei diritti di voto che sarebbe imposta dalla disciplina sulle partecipazioni reciproche.

Il focus si sposta su Piazzetta Cuccia?

Un'altra alternativa per Intesa, aggiungono gli esperti, «potrebbe essere rappresentata dall'acquisto della quota di Unicredit in Mediobanca (8%) e il successivo lancio di un'offerta su Mediobanca stessa: in questo modo, Intesa Sanpaolo - oltre a controllare un business più affine - diventerebbe indirettamente il primo socio di Generali con il 13% e potrebbe coagulare una minoranza di blocco in chiave antiscalata», difendendo così l'italianità del Leone dalle mire di potenziali pretendenti esteri, a partire da Axa.

Intanto Equita ha alzato di 100 punti base il peso di Mediobanca (+6,6% il titolo in Borsa) nel portafoglio principale alla luce delle «ipotesi speculative su Generali, proprio nell'anno in cui scade il patto di sindacato di Mediobanca (a dicembre ma con disdetta entro giugno) ed è cambiato il Ceo di UniCredit». Upgrade anche per la compagnia triestina, su cui la raccomandazione è stata portata a "buy" per «scommettere sull'appeal speculativo».

Akros: Intesa può avere ruolo chiave per difendere l'italianità del Leone

Tornando a Intesa-Generali, gli esperti di Banca Akros si dicono convinti che l'istituto guidato dall'a.d. Carlo Messina «potrà avere un ruolo chiave nel difendere un asset italiano che ha più di 500 miliardi di masse gestite». Il modo più semplice, notano, sarebbe «l'acquisizione della quota di Mediobanca in Generali», ipotesi tuttavia improbabile dopo la mossa di Generali annunciata ieri, o «di una quota direttamente in Mediobanca, creando in seguito un patto di sindacato su più del 20% del capitale di Generali». In quest'ottica «un ruolo chiave potrebbe essere giocato da UniCredit», che sta per lanciare un consistente aumento di capitale e «potrebbe essere obbligata a vendere la quota in Mediobanca favorendo il consolidamento del controllo italiano su Generali, anche in considerazione del fatto che la base azionaria di UniCredit è vulnerabile a causa della ricapitalizzazione». Akros nota poi che, per quanto riguarda i multipli, Generali è ancora più economica di Allianz (secondo le indiscrezioni altro potenziale pretendente del Leone, magari in tandem con la stessa Intesa) e di Zurich, con uno sconto medio del 6% in circa in termini di rapporto prezzi/utili 2017 e 2018.

Icbpi: con l'uscita di Minali Trieste più aperta alle avances di Axa

Gli analisti dell'Icbpi, infine, notano che la possibile uscita del direttore generale delle Generali Alberto Minali «e l’estensione delle deleghe operative dell'a.d. Philippe Donnet (ex di Axa) sembrano aprire a scenari di potenziale apertura alle avances dei francesi, anche se al momento resta tutto confinato alle ipotesi». Gli esperti ricordano in ogni caso che «tra il Ceo e il direttore generale erano emerse, secondo fonti di stampa, divergenze in merito alla definizione del perimetro di gruppo e alla politica di dismissioni, con particolare riguardo al mercato francese (Donnet è propenso a un dimagrimento del gruppo, con la cessione degli asset meno profittevoli, mentre Minali avrebbe voluto proseguire nella ristrutturazione industriale di alcune aree attualmente poco redditizie)».

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