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L’eurozona torna sotto attacco della speculazione

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L'Analisi|LE SCELTE DEI MERCATI

L’eurozona torna sotto attacco della speculazione

Nel trambusto di ieri, la sola previsione consolante è arrivata dagli analisti di due banche: le Borse europee dovrebbero quest'anno fare meglio di Wall Street, secondo UniCredit e Goldman Sachs.
Le azioni europee sarebbero, dunque, ben più attraenti di quelle americane, a detta di Erik Nielsen di UniCredit e le borse del Vecchio continente dovrebbero dare un ritorno doppio di Wall Street, secondo Goldman Sachs. Se la prima stima può essere viziata di partigianeria, la seconda parrebbe più incoraggiante, visto che arriva da una banca molto vicina all’attuale amministrazione americana: se non fosse che le previsioni di Goldman su Wall Street non sono molto lusinghiere. In ogni caso la grande casa d’affari internazionale non parrebbe tradire le pregiudiziali anti europee e anti euro, che sono assai diffuse tra gli investitori anglosassoni.

Ieri queste pregiudiziali hanno avuto un ruolo decisivo nell’affossare i titoli bancari dell’area euro e pressoché tutti i titoli di Stato, ad eccezione dei Bund tedeschi. Se la scommessa di un piuttosto prossimo disfacimento dell’Unione monetaria è tema che s’agita da oltre un lustro, e di tanto in tanto riaffiora con virulenza, si ha la sensazione che quanto s’è visto ieri rappresenti, più che l’inizio di un nuovo attacco speculativo, come nel 2011, una intensificazione del rischio percepito dai grandi investitori, compresi gli europei. Le avvisaglie si sono viste già la scorsa settimana ad iniziare dalle irrituali dichiarazioni dell’uomo che Donald Trump vorrebbe nominare ambasciatore presso la Ue: l’euro fallirà fra 18 mesi, aveva vaticinato Ted Malloch. Ma ieri si sono aggiunti due fattori d’instabilità relativamente nuovi: l’esitazione del Fondo monetario a partecipare all’ulteriore salvataggio della Grecia e la vittoria in Francia alle primarie socialiste del più radicale Benoit Hamon. Se le cose in casa socialista possono apparire del tutto insignificanti sull'esito elettorale, molti invece hanno voluto leggere in questo un altro piccolo vantaggio per il Front National di Marine Le Pen. È piuttosto evidente che le elezioni politiche, che si terranno quest’anno in Olanda, Francia, Germania e, forse, anche in Italia, saranno il fattore determinante per la sopravvivenza della valuta comune e di conseguenza per i mercati finanziari d’eurozona: cosa che rende alquanto precario l’ottimismo suscitato dalle previsioni di UniCredit e Goldman Sachs.

Assieme ai congeniti malanni dell’euro, pesa la prospettiva di una più restrittiva politica monetaria: perché il Qe ha i mesi contati e perché l’inflazione tedesca è ormai sulla soglia del 2%. Da sole queste considerazioni sono valse una sessantina di punti base nel rendimento dei titoli di Stato: tale è almeno quanto si ricava dall’andamento del Bund dai livelli della scorsa estate.
Ma a peggiorare il clima dei mercati è stata probabilmente la reazione negativa degli investitori alla politica di Trump, perché le proteste per il divieto di entrata nel Paese alle persone di alcuni stati islamici hanno creato non solo malumore tra i vertici delle società tecnologiche americane, ma pure tra gli operatori eccitati per i presunti benefici effetti della trumponomics. Ormai dovrebbe essere chiaro che il nuovo presidente è disposto a mantenere tutte le promesse della campagna elettorale e tra queste, oltre a limitare gli spostamenti delle persone, c’è pure il freno al libero scambio. Inoltre, l’annunciato taglio delle tasse rischia di slittare al prossimo anno, allontanando quello che ai mercati appare il fondamento della cosiddetta rivoluzione Trump.

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