La ricerca Accenture evidenzia come circa un terzo dei quasi 33 mila interpellati sarebbe interessato a spostare il proprio conto bancario su Facebook, Google o Amazon qualora venisse loro offerta questa possibilità. In Italia il dato sale al 42% e raggiunge il 51% tra i più giovani. Emerge anche un alto gradimento per consigli di investimento automatizzati e gestiti da robo advisor.
Piercarlo Gera, Senior Managing Director di Accenture e curatore dell'indagine, cosa potrebbe accadere se davvero i giganti del web decidessero di allargare la loro offerta di servizi finanziari?
Se consideriamo la capacità di penetrazione del mercato di questi soggetti e il forte legame con i clienti, è facile immaginare quanto un eventuale loro ingresso nei servizi bancari e assicurativi possa essere pericoloso per gli istituti tradizionali. Per ora non prevediamo che grandi attori come Google o Amazon possano decidere di strutturarsi come vere e proprie banche. Potrebbero però seguire l’esempio di Facebook, che offre già servizi di trasferimento di denaro, e configurarsi come degli intermediatori. Più in generale, il settore finanziario sta evolvendo rapidamente da uno scenario B2C (Business-to-Consumer) a uno C2B (Consumer-to-Business), in cui è il cliente a decidere con chi interagire e da chi acquistare.
Come si spiega un dato italiano superiore alla media e a quello di molti Paesi in cui web e sistemi di pagamento digitali sono molto più utilizzati?
La crisi di redditività che sta investendo il sistema bancario italiano, insieme alla diffusione delle nuove tecnologie, hanno messo in difficoltà il rapporto degli istituti con la propria clientela. I dati dello studio Accenture evidenziano la differenza percepita dai consumatori tra l’offerta di customer experience tipica dei grandi player del digitale e la media dei servizi di supporto offerti dalle banche italiane.
Quali sono i punti di forza dei grandi nomi del web e quali quelli delle banche?
I big del digitale hanno dalla loro una posizione preminente in termini di customer experience; le banche tradizionali possono ancora contare sul valore del contatto fisico, la cui importanza è testimoniata dall’attenzione che i colossi web hanno iniziato a rivolgere a questo aspetto; si pensi alla costante apertura di nuovi Apple Store e all’inaugurazione, per Google e Amazon, di nuovi canali di contatto fisico con il consumatore. Le banche che saranno in grado di amalgamare servizi di assistenza digitali con il valore aggiunto dato dalla presenza territoriale, riusciranno ad aumentare la loro base clienti e a migliorare il rapporto con quella esistente.
Avete un’idea di quelli che potrebbero essere i contraccolpi per l’industria bancario/assicurativa tradizionale?
Il rischio è quello della disintermediazione nel rapporto con la clientela retail e small business, in quanto parte delle commissioni andrebbe a confluire sulle piattaforme digitali. Si indebolirebbe anche il ruolo della banca-filiale nella vita quotidiana delle persone. Gli istituti hanno però la possibilità di anticipare tali tendenze e allinearsi alle nuove esigenze del mercato, come avvenuto, per esempio, in Australia con Cba, in Spagna con Bbva, in Polonia con mBank e, in ambito utilities, in Francia con Engie dove sono state ideate delle customer experience differenzianti, costruite su un patrimonio informativo personalizzato e orientate alla fruizione digitale.
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