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Convivenza poco tutelata e costosa

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Convivenza poco tutelata e costosa

Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più del 2014: è l’aumento più consistente dal 2008. Dal 2008 al 2014, i matrimoni sono invece calati in media di quasi 10.000 l’anno. Anche per motivi economici cresce chi convive senza optare per matrimonio o unione civile, l’istituto introdotto dal 2016 in Italia per le coppie dello stesso sesso. Chi convive, anche dopo le novità della legge Cirinnà resa operativa nelle scorse settimane dai decreti attuativi, non acquisisce diritti successori: non si acquisisce lo status di erede necessario o legittimo. L’unico diritto che la legge riconosce a chi non si è sposato né unito civilmente é quello di abitazione. Il partner superstite al proprietario di casa (solo se la convivenza è stata registrata) può abitarvi per almeno due anni, o tre anni se vi risiedono anche suoi figli minori o disabili e fino a un massimo di cinque per un periodo pari alla convivenza.

Neppure i patti di convivenza introdotti dalla Cirinnà (legge 20 maggio 2016 n. 76, in vigore dal 5 giugno 2016), possono disciplinare aspetti ereditari né fanno nascere diritti successori, a differenza delle “unioni civili” (introdotte nella stessa legge) nelle quali i componenti, dello stesso sesso, sono equiparati ai coniugi anche per i diritti successori. «L’oggetto dei contratti di convivenza è regolato dal comma 53 dell’articolo 1 della Cirinnà, ma il contratto di convivenza si configura come un “contenitore” che può essere riempito con varie pattuizioni: dalla fissazione della residenza alle modalità di contribuzione ai bisogni della famiglia, alla scelta del regime patrimoniale», spiega Gianluca Abbate, consigliere nazionale del notariato. Non esistono modelli standard e non è possibile determinare costi indicativi per questi atti, proprio per le differenti configurazioni che assumono. Vanno stipulati obbligatoriamente dal notaio se nel patto ci sono traferimenti di diritti immobiliari (o quote societarie o beni mobili registrati). «Ma tra i componenti di una convivenza di fatto, registrata o meno o disciplinata con contratto di convivenza, non nasce alcun diritto successorio», precisa il notaio. «Pertanto l’unica strada per istituire erede il proprio convivente è quella di ricorrere alla redazione di un testamento, nei limiti della quota disponibile», conferma Abbate. Dunque si può disporre solo di essa, senza pregiudicare eventuali eredi legittimari: ascendenti e discendenti previsti dal Codice Civile che riserva a essi (dopo coniuge o componenti di unione civile) lo status di erede. Per i conviventi si ha dunque anche un peso maggiore delle tasse di successione in quanto, a tutti gli effetti, il superstite che dovesse ereditare, opzione possibile solo se regolata da testamento, pagherebbe un’imposta dell’8% senza franchigia (si veda tabella), eccezion fatta per gli strumenti esenti.

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