La soluzione che sarà trovata a Bruxelles per la ricapitalizzazione precauzionale di Siena «creerà un precedente» che indirizzerà gli altri salvataggi pubblici. Proprio questa ragione rende il confronto in atto fra la commissione e la banca centrale particolarmente interessante in Italia, dove dietro a Rocca Salimbeni l’ufficio-salvataggi vede già affollarsi altri istituti, a partire da Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Il confronto è sotterraneo, e al momento il Tesoro ufficialmente assiste senza intervenire, in attesa che le autorità Ue si chiariscano fra loro nella gestione di questo meccanismo inedito. A mettere in chiaro i termini del problema è stata la commissaria Ue per la concorrenza Margrethe Vestager, cioè la figura chiave per tracciare i confini dell’intervento pubblico sull’aiuto di Stato.
Il caso del Monte, ha spiegato ieri, «creerà un precedente», ma non potrà aprire la porta a un’ondata di salvataggi perché Rocca Salimbeni «è ovviamente una banca molto speciale, e nel suo caso è necessario e giusto utilizzare lo strumento» della ricapitalizzazione precauzionale.
Le indicazioni della commissaria evidenziano l’indirizzo della commissione a limitare al minimo l’intervento pubblico, proprio nell’ottica di non influenzare più del dovuto le dinamiche della concorrenza e soprattutto le regole del bail in che chiedono di far pagare azionisti e obbligazionisti subordinati e non i contribuenti. Un limite, quello difeso dalla commissione, che si gioca sia sull’entità della ricapitalizzazione precauzionale del Monte sia sull’estensione oltre Siena della platea delle banche da proteggere con l’ombrello pubblico.
Sul primo versante, le indicazioni di Bruxelles vanno nella stessa direzione delle obiezioni sollevate a suo tempo dal Tesoro, quando a fine dicembre arrivò la lettera della vigilanza di Francoforte con gli 8,8 miliardi di «fabbisogno di capitale» richiesto per il Monte. Sul secondo invece la prospettiva è diversa, anche perché il governo prima e il Parlamento poi hanno messo in campo un decreto “aperto”, che con i 20 miliardi di debito pubblico aggiuntivo permette di finanziare non solo la ricapitalizzazione di Siena ma anche quella delle altre banche in difficoltà. Quali saranno considerate «speciali» come Siena, al punto da giustificare l’intervento pubblico?
A livello ufficiale, comunque, il dossier sulle banche venete è ancora lontano da Via XX Settembre, dove non si dà per scontato che alla fine un intervento pubblico ci sia perché occorre vedere se ci sarà la richiesta e soprattutto quali saranno le condizioni per agire. In ogni caso, un dato è invece certo: un’eventuale ricapitalizzazione precauzionale a valle della fusione di Popolare Vicenza e Veneto Banca e dell’operazione sugli Npl non potrebbe in alcun modo offrire agli azionisti condizioni migliori rispetto a quelle contenute nella proposta di transazione lanciata agli azionisti nelle scorse settimane. Una prospettiva inevitabile, quest’ultima, dal momento che il conto da presentare agli azionisti è il primo pilastro delle «regole» evocate ancora ieri dalla commissaria Ue come garanzia contro l’ipotesi di salvataggi a catena con soldi pubblici.
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