È una vera e propria corsa contro il tempo quella che da qui al 22 marzo Popolare di Vicenza e Veneto Banca si vedono costrette ad intraprendere per far sì che più “indecisi” possibili firmino la proposta di rimborso contenuta nell’offerta transattiva.
Il battage pubblicitario, gli interventi sui mass media, i convegni e gli incontri sul territorio non sono bastati, finora, a raccogliere più di un 30% di adesioni – il 29,1 tra i soci della Popolare di Vicenza e il 34% tra quelli di Veneto Banca. Tra i 169mila azionisti che dovrebbero aderire al rimborso delle perdite subite, pari a 9 euro per azione nel caso della banca vicentina e al 15% del valore dell’azione al momento dell’acquisto nel caso dell’istituto di Montebelluna, gli indecisi sono tanti: più di 53mila per la Vicenza (il 55%) e circa 39mila (il 52%) per Veneto Banca. Per questo, le due banche apriranno al pubblico le filiali anche il sabato: Veneto Banca dalle 9 alle 13 nei prossimi due sabati in 19 filiali, BpVi in 29 filiali, per il momento solo sabato prossimo. L’obiettivo è arrivare almeno all’80% di adesioni, anche se i vertici delle due banche hanno parlato in passato della possibilità che la percentuale potesse essere di qualche punto inferiore. Il “tetto” resta, però, fondamentale, non solo per eliminare il rischio contenzioso, poter riacquisire credibilità sul mercato e poter avere i requisiti per accedere ai fondi statali, ma anche perché la Bce lo considera imprescindibile per poter procedere nella valutazione del piano di fusione, al momento all’attenzione di Francoforte. Senza un chiaro successo dell’operazione rimborsi, a cui è agganciata la ricapitalizzazione e quindi il risanamento, il piano di fusione, che dovrebbe essere licenziato entro marzo, sarebbe a rischio, e potrebbero aprirsi nuove ipotesi sul destino dei due istituti.
A disposizione dei rimborsi ci sono 660 milioni di euro. I 600 messi a disposizione fin dall’inizio dell’operazione e i 60 del fondo di solidarietà istituito ufficialmente l’altro ieri. Il fondo è rivolto agli stessi destinatari dell’Opt, quindi i beneficiari dovranno rinunciare alla causa legale, e diventerà effettivo solo se l’esito dell’offerta sarà positivo. I criteri di individuazione dei beneficiari e la somma massima erogabile per singolo aderente verranno resi noti nei prossimi giorni, ma già si sa che la base di partenza, perlomeno per Veneto Banca, sarà il prospetto Isee sui redditi percepiti. Parallelamente a questa operazione e indipendentemente da essa, saranno portati avanti i rimborsi agli scavalcati, complessivamente circa 700 soci, a cui spetta il 50% del valore delle azioni.
Intanto, sul territorio sale la tensione, mentre i sindacati si dicono preoccupati. Questa sera a Treviso le associazioni degli azionisti si troveranno in un incontro dedicato all’opportunità o meno di accettare l’offerta di rimborso. Mentre per alcuni lo spettro del bail-in non è più un’ipotesi peregrina: «È chiaro che ci deve mettere mano lo Stato», ha detto Giovanni Schiavon, ex vice-presidente di Veneto Banca per tre mesi e fondatore della Associazione degli azionisti di Veneto Banca. Secondo Renato Bertelle, avvocato vicentino al quale si sono rivolti centinaia di risparmiatori “traditi”, l’incontro di Viola al ministero del Tesoro - ieri l’ad di BpVi ha incontrato Pier Carlo Padoan in un faccia a faccia durato circa un’ora e definito come “interlocutorio” - conferma il timore che vengano meno gli indici patrimoniali delle ex popolari. «Ora sembra che la situazione stia peggiorando - ha dichiarato poi Massimo Masi, segretario generale della Uilca - e che il bail-in possa essere attuato. Sarebbe un gravissimo danno economico e occupazionale, non solo per il Veneto, ma per l’intero Paese».
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