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Banche, sofferenze ai livelli del 2014

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Banche, sofferenze ai livelli del 2014

Le sofferenze bancarie in Italia toccano il minimo storico da due anni a questa parte. A fine gennaio 2017 le sofferenze nette del sistema nazionale hanno toccato 77,8 miliardi, la soglia più bassa da giugno 2014. Rispetto al dato di fine dicembre 2016, quando le sofferenze si erano attestate a 86,8 miliardi, si tratta di una contrazione di 9 miliardi. Se confrontata con gennaio 2016, quando i crediti deteriorati netti erano a quota 83,5 miliardi, la diminuzione è pari al 6,9 per cento. I numeri pubblicati ieri sul bollettino mensile dell’Abi confermano il trend in atto e che ha visto diverse banche fare pulizia di bilancio e procedere alla cessione di Npl. La contrazione è già significativa e comunque non include le maxi operazioni annunciate dalla maggiori banche, come Unicredit e IntesaSanPaolo. Unicredit ha in cantiere l’operazione più importante, con la vendita di 17,7 miliardi di Npl (il dato è lordo) a Fortress e Pimco.

I dati dell’Abi evidenziano che per la prima volta nel biennio anche il rapporto tra sofferenze nette e capitale e riserve delle banche italiane ha toccato il valore più basso dell’ultimo biennio: è pari al 17,62 per cento, contro il 18,62% di gennaio 2015 e del 19,75 per cento del novembre 2015, quando gli Npl avevano raggiunto il picco massimo di quasi 89 miliardi. Il rapporto tra sofferenze nette e impieghi totali si è ridotto al 4,45 per cento (contro il 4,89% di fine 2016 e lo 0,86% prima della crisi nel 2007). Secondo il direttore dell’Abi, Gianfranco Torriero, si «iniziano a vedere anche gli effetti del rallentamento del flusso di nuovi crediti in sofferenza» confermando «l’inversione di tendenza in atto».

L’accelerazione degli istituti italiani sul processo di cessione delle sofferenze, come noto, è sostenuta anche dalla pressione della Commissione europea e delle autorità di vigilanza, che hanno imposto agli istituti italiani, soprattutto quelli interessati da un intervento dello Stato, come Mps e le banche venete, tempi molto stretti per liberarsi del fardello dei crediti problematici. Spingendone inevitabilmente al ribasso il potenziale prezzo di cessione. La ricetta che sinora sembrava riservata soprattutto agli istituti italiani comincia ad essere applicata su larga scala anche a livello europeo.

Il Fondo monetario internazionale, che in passato si era focalizzato sull’urgenza di alleggerire i bilanci delle banche italiane dagli Npl, è tornato sull’argomento ma con un approccio diverso, allargato ai vari paesi europei, in un documento preparato in vista del G20 di Baden-Baden. «Riparare i bilanci delle aziende e delle banche è una pre-condizione per una crescita più sostenuta. Diverse economie avanzate europee» devono «accelerare la riparazione dei bilanci delle banche e la risoluzione dei crediti deteriorati. Questo processo accelererà il credito, gli investimenti e la produttività». Secondo il fondo «il fallimento nel fare progressi sufficienti nell’implementazione delle riforme necessarie per affrontare il peso dei non-performing loan potrebbe frenare la crescita, anche limitando l’offerta del credito». E aggiunge che questo potrebbe «aumentare i rischi alla stabilità finanziaria, specialmente in Paesi dove la redditività bassa, il debito alto e una qualità scarsa degli asset continuano a mettere sotto pressione il settore bancario».

L’altro dato interessante che emerge dal rapporto Abi è la crescita dei depositi, aumentati del 3,9% rispetto a gennaio 2015, con un incremento di 52 miliardi (per un totale di 915 miliardi). Il trend era già emerso nei mesi scorsi, quando era apparso chiaro che molti risparmiatori italiani preferiscono in tempi di incertezza la liquidità. Nello stesso periodo, infatti, la restante quota della raccolta bancaria diversa dai depositi, e cioè le obbligazioni, è calata del 15,5 per cento. Anche per effetto della fuga dei risparmiatori dai bond bancari dopo gli episodi di risoluzione e di burden sharing.

Il bollettino mensile evidenzia che continua il trend di crescita dei prestiti alle famiglie e alle imprese, in aumento dell’1,8 per cento su base annua e dell’1,5 per cento rispetto a dicembre 2016.In ripresa anche il mercato dei mutui, con un ulteriore incremento dell’1,9 per cento da dicembre 2016 a gennaio 2017. A febbraio 2017, inoltre, i tassi di interesse applicati sui prestiti alla clientela risultano stabili: il tasso medio sui prestiti è pari al 2,85 per cento, comunque il minimo storico. Il mese precedente era pari al 2,87 per cento e prima della crisi, a fine 2007, era pario al 6,18 per cento.

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