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I depositi bancari greci calano ancora a febbraio sui timori di Grexit

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Chiesto l’aumento del limite dei prestiti di emergenza

I depositi bancari greci calano ancora a febbraio sui timori di Grexit

Afp
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I ministri delle Finanze europei sperano di raggiungere un accordo con Atene nell’eurogruppo previsto in calendario il 7 aprile prossimo, un’intesa che appiani le differenti posizioni ancora esistenti tra l’Fmi e Bruxelles. Nel frattempo però i depositi bancari ellenici sono scesi al livello più basso dal 2001: secondo i dati di febbraio, comunicati in un press release dalla Banca di Grecia, guidata da Yannis Stournaras, le famiglie (0,637 miliardi) e le imprese (0,113 miliardi) hanno ritirato in tutta fretta 0,750 miliardi di euro dai depositi bancari rispetto a gennaio quando erano stati ritirati 1,7 miliardi di euro rispetto a dicembre portando così il livello totale dei depositi ad appena 118,995 miliardi di euro, il livello più basso dal 2001. Un segno evidente del crescente nervosismo degli stessi greci sull’andamento del terzo salvataggio greco da 86 miliardi di euro.

La Banca centrale di Grecia ha chiesto per la prima volta dal luglio 2015 di aumentare di 400 milioni il livello dell’Ela, lo speciale canale di finanziamento di emergenza aperto dalla Bce nei confronti delle banche greche che sono escluse dall’acquisto di titoli del Quantitative easing. La mossa riflette «l'evoluzione della situazione della liquidità delle banche greche, tenendo conto dei flussi dai depositi del settore privatoi», ha spiegato la Banca centrale di Grecia.

Intanto la Troika in rappresentanza dei creditori internazionali sta negoziando con il governo di Alexis Tsipras le nuove riforme strutturali tra cui la controversa privatizzazione di parte del monopolista dell’energia elettrica Dei. Tutte richieste che il paese deve attuare per sbloccare gli ulteriori fondi per il terzo salvataggio e poter ripagare i 6 miliardi di euro di bond che scadono a luglio detenuti per la maggior parte dalla Banca acentrale europea ed evitare il default. La Dei, la società pubblica greca dell’energia elettrica, oggi controlla il 90% del mercato delle famiglie e il 60% per quello dei grandi clienti. I creditori internazionali vorrebbero ridurre la quota del monopolista pubblico dell’energia elettrica in entrambi i settori al 50% entro il 2020 ed aprire il mercato alla concorrenza. Sebbene non sia specificato nell’accordo i creditori vorrebbero anche che la Dei vendesse parte degli asset produttivi in maggioranza a carbone.

Sia il governo Syriza sia i potenti sindacati del settore si oppongono però alla privatizzazione parziale del colosso energetico greco. Panos Skourletis, ex bellicoso ministro dell’Energia e attuale ministro degli Interni, in un articolo pubblicato sul quotidiano Efimerida Ton Syntakton ha affermato che la richiesta di vendita del gigante energetico «è un assalto per vendere a un prezzo umiliante gli assets della Dei e favorire i concorrenti europei e domestici della società pubblica». George Adamidis, leader del principale sindacato della società energetica, il Genop/Dei, che rappresenta 18.000 lavoratori del gruppo, ha avvertito il governo Tsipras che ci potrebbe essere forti agitazioni sindacali se l’eecutivo dovesse vendere una unità produttiva della società.

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