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Veneto Banca chiude il 2016 con un rosso di 1,5 miliardi

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Veneto Banca chiude il 2016 con un rosso di 1,5 miliardi

Veneto Banca ha chiuso il 2016 con una perdita di 1.501,9 milioni di euro, dopo una perdita di 881,9 milioni nel 2015. Cifra consistente, rispetto al preventivato miliardo di cui si vociferava in ambienti finanziari. L'istituto di Montebelluna registra un calo di raccolta diretta, nel corso del 2016, del 17,8% a 20.031 milioni di euro e una perdita operativa di 176,9 milioni di euro, dato che risente del calo dei ricavi e delle sfavorevoli dinamiche delle masse intermediate.

Le rettifiche di valore sui crediti e altre attività sono stati di 1.293 milioni di euro (+58,7% rispetto agli 814 milioni di euro a fine 2015). In particolare, le rettifiche sui crediti si attestano a 1.288 milioni di euro (contro 807 milioni a fine 2015). Il gruppo bancario di Montebelluna, inoltre, ha più che triplicato a 433,6 milioni di euro gli accantonamenti a fondi rischi e oneri. Al netto delle componenti non ricorrenti il risultato operativo sarebbe stato positivo per circa 50 milioni di euro.

Al 31 dicembre 2016 l'indice di liquidità era al 70, 15%, mentre a marzo l'Lcr «ha mostrato – dice la nota diffusa dall'istituto - segnali di flessione quale conseguenza di uscite di raccolta commerciale a seguito dei timori connessi alle incertezze sul processo di ricapitalizzazione», costringendo la banca a chiedere nuovi bond a garanzia statale per 1,4 miliardi di euro (stessa cosa ha fatto qualche giorno fa Popolare di Vicenza per 2,2 miliardi di euro).

La situazione generale di Veneto Banca resta problematica, ma da Bruxelles e dalla Bce arriva una notizia incoraggiante. La gravità della situazione e i continui appelli a fare presto hanno fatto sì che si siano riuniti per parlare della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca tutti gli attori interessati nell'operazione di salvataggio: una riunione tecnica, per la prima volta effettuata in modo collegiale, ha visto attorno a un tavolo esponenti della Dg Comp della Commissione europea, della Bce, del ministero italiano dell'Economia e di Banca d'Italia. L'incontro aveva come oggetto la richiesta di ricapitalizzazione precauzionale che hanno fatto le due banche venete ed è stato giudicato «positivo» dai partecipanti e «molto costruttivo». C'è fiducia, secondo i portavoce, che si possano affrontare rapidamente tutti i nodi legati all'applicazione delle nuove norme. L'obiettivo, è stato detto, è quello di arrivare nelle prossime settimane ad una soluzione comune che sia efficiente, sostenibile e nell'interesse della stabilità finanziaria. Secondo indiscrezioni, la Bce avrebbe espresso un giudizio positivo sulla solvibilità delle due banche venete. L'altro passaggio atteso dalla Bce è la determinazione del 'capital shortfall'delle due banche, anch'essa necessaria perché Bruxelles valuti la richiesta di ricapitalizzazione precauzionale.

L'incognita per le due banche venete resta il responso della Bce sulla solvibilità dei due istituti, e sul piano industriale che prevede la fusione e il rilancio, e la decisione dell'Antitrust europeo che deve dare il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale. Secondo i vertici di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, la fusione è l'unica strada per la sopravvivenza delle banche e per scongiurare il rischio bail-in. Che invece incombe nel caso in cui la commissione europea non concederà a una (o ad entrambe le banche) la ricapitalizzazione precauzionale, cioè la possibilità di ricapitalizzare con l’aiuto dei soldi pubblici, che lo Stato italiano può drenare dal decreto salva-banche di 20 miliardi di euro. Il sostegno pubblico esclude, infatti, il bail-in per azionisti e correntisti con più di 100mila euro in deposito, ma non può non passare attraverso la condivisione dei costi a carico degli obbligazionisti subordinati; il che significa che le obbligazioni subordinate saranno convertite in azioni.

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