Tensioni geopolitiche enfatizzate dall’incontro imminente tra il presidente Trump e il presidente cinese Xi Jinping, la bomba a San Pietroburgo, l’incertezza sulle prospettive macroeconomiche in Usa ed Europa, la Federal Reserve che potrebbe andare cauta sul rialzo dei tassi e la Bce che dal primo aprile ha riportato gli acquisti mensili a 60 miliardi di euro nell’Asset purchase programme: tutto ha contribuito ieri a indebolire le Borse e ad allargare lo spread tra i titoli di Stato periferici e Bund, in quella che non è stata una vera e propria fuga verso la qualità ma piuttosto una minore propensione al rischio, un clima di tiepido risk off .
Piazza Affari nel finale di seduta ha portato il calo del Ftse Mib al l’1,22%, quota 20.242 punti mentre lo spread tra BTp e Bund si è mantenuto sopra i 200 centesimi di punto percentuale, chiudendo in rialzo a 203. Il rendimento dei titoli di Stato tedeschi decennali è sceso di 6 centesimi, portandosi sotto lo 0,30% a 0,28%, mentre il rendimento dei Treasuries decennali calava al 2,33%, livello che non si vedeva da fine febbraio. Il BTp decennale ieri al 2,313%, era quasi invariato rispetto al 2,306% di venerdì: a conferma che gli acquisti sui titoli tedeschi sono stati superiori alle vendite sugli italiani.
Che la Bce sarebbe tornata dal primo aprile ad acquistare bond per 60 miliardi di euro, contro gli 80 mensili del periodo aprile 2016-marzo 2017, è noto al mercato dall’annuncio ufficiale dello scorso 8 dicembre e previsto ancor da prima. Questa decisione non è considerata “tapering” dalla Bce, ma un mero ritorno all’importo originario del QE: la banca centrale resta prudente e invita gli operatori con la sua forward guidance a non muoversi con troppo anticipo sul prossimo rialzo dei tassi e sulla fine del QE. Il mercato però vede nel taglio da 80 a 60 miliardi una misura che comunque va nella direzione di un trend di graduale riduzione degli acquisti mensili che un giorno arriveranno a quota zero, lasciando un’iniezione di liquidità dal marzo 2015 al dicembre 2017 pari a 2.280 miliardi tramite acquisti di titoli di Stato (1.511 miliardi), bond di enti sovrannazionali (207), titoli di debito di enti regionali locali e agenzie pubbliche (168), obbligazioni societarie (144), cartolarizzazioni (28) e covered bond (221). E questo senza calcolare i precedenti programmi su asset backed securities e covered bond per totali 58 miliardi.
Per i BTp, lo scarto tra 80 e 60 miliardi non è proprio indolore, in un contesto di crescente rischio politico: per 12 mesi, dall’aprile 2016 al marzo 2017, la Bce ha acquistato mensilmente una media di 9 miliardi di titoli di Stato italiani mentre da ieri questo intervento è attorno a 7 miliardi. L’effetto sul mercato secondario, sulla domanda e l’offerta e sui rendimenti, va calcolato di mese in mese, rispetto alle emissioni lorde e nette (al netto di scadenze e rimborsi) dei titoli di Stato italiani acquistabili dalla Bce: infatti il QE continua ad avere un impatto notevole, nonostante il “taglio”. In base alle stime dell’Ufficio studi di Intesa San Paolo, su un totale di 262 miliardi di titoli di Stato emessi quest’anno dal Tesoro italiano e candidati al QE, la Bce ne acquisterà una novantina ma rispetto alle emissioni nette il saldo è negativo di 40 miliardi, contro però i -97 miliardi della Germania. Il PSPP ha un effetto distorsivo sui titoli di Stato tedeschi, perchè esaspera il problema della scarsità dovuto anche alla fuga verso la qualità e il surplus di bilancio: ieri lo Schatz a due anni è tornato a rendere - 0,80% contro -0,74% di venerdì.
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