Il nuovo fixing dell’argento, agonizzante ad appena tre anni dalla sua introduzione, ha finalmente trovato un soccorritore: è il London Metal Exchange(Lme), che si è appena fatto avanti per sostituire il tandem Cme Group-Thomson Reutersdopo le improvvise “dimissioni” dalla guida del London Silver Fix. La borsa metalli londinese rischia però di essere l’unica candidata ad assumere un compito che sta diventando sempre più difficile, rischioso e oneroso. Tanto da far scappare anche i protagonisti storici del mercato.
Le banche – che per oltre un secolo hanno garantito il funzionamento dei benchmark di prezzo dei metalli preziosi– hanno cominciato a defilarsi, preoccupate dalle frequenti inchieste per manipolazione, da una vigilanza sempre più severa e da obblighi che diventeranno ancora più stringenti dal 1° gennaio 2018, con l’entrata in vigore di Basilea 3.
Potrebbe essere stato proprio il disimpegno delle banche ad aver inceppato il meccanismo del fixing dell’argento, provocando una serie di gravi anomalie su un mercato intorno al quale gravitano transazioni per almeno 1.500 miliardi di dollari (comprese quelle relative a Etf, in portafoglio a molti grandi e piccoli investitori).
Un’analisi dell’agenzia Reuters ha evidenziato che il fixing – che in teoria dovrebbe fornire una fotografia quotidiana dell’andamento dell’argento – sempre più spesso si discosta in modo sensibile dai valori sul mercato spot. Il divario, che mediamente non supera un centesimo di dollaro, tra gennaio 2016 e marzo 2017 per ben sette volte ha raggiunto 10 cents o più. Per almeno altre venti volte è stato di maggiore di 5 cents.
Le divergenze tra fixing e prezzi spot sono divenute ancora più frequenti e intense da inizio marzo, quando Cme e Reuters – a sorpresa e senza fornire motivazioni – hanno comunicato la rinuncia a gestire il Silver Fix, un privilegio che avevano conquistato solo nel 2014, vincendo un’agguerrita concorrenza. Anche il Lme (alleato con Autilla), oltre a Bloomberg, Ice, Platts e Etf Securities, aveva aveva partecipato alla gara per raccogliere l’eredità del vecchio fixing, mandato in pensione dalla London Bullion Market Association (Lbma) dopo 117 anni di storia per essere sostituito da un asta elettronica.
Le recenti anomalie potrebbero anche essere frutto di manipolazioni, alle quali il mercato dell’argento, di piccole dimensioni, è sempre stato particolarmente esposto, fin dagli anni ’70 con il celebre caso dei fratelli Hunt, che arrivarono ad accumulare più di un terzo dell’offerta mondiale del metallo, facendone quintuplicare i prezzi (salvo poi provocarne il crollo, travolti dai margin call).
Ma questa volta il cuore del problema sembra piuttosto essere la frequente mancanza di liquidità: i volumi di scambio in fase di fixing oscillano in modo estremo nel periodo analizzato dalla Reuters, da un massimo di 12,9 milioni di once a meno di 200mila al giorno.
Le sette banche che partecipano al meccanismo proprio col compito di alimentare la liquidità nell’asta ( Hsbc, JPMorgan, Morgan Stanley, Scotiabank, Toronto Dominion Bank, Ubs e China Construction Bank) non hanno sufficienti incentivi economici e sono sempre più preoccupate di finire nel mirino dei regolatori, dopo che lo scandalo Libor ha acceso i riflettori sui benchmark finanziari.
L’inerzia delle banche è motivo di allarme anche per la Lbma, che in una dichiarazione alla Reuters non ha esitato a mettere il dito sulla piaga: « È noto che la riluttanza di alcune banche a modificare gli ordini ad asta inziata sia un problema per il benchmark. La Lmba prende sul serio qualsiasi incidente che possa minare la credibilità del benchmark».
L’associazione londinese sta cercando di mettere a punto meccanismi tecnici che attenuino le divergenze tra fixing e prezzi spot. Ma la defezione di Cme e Thomson Reuters ha inferto un ulteriore colpo alla fiducia degli operatori. L’Lbma spera di affidare la gestione del benchmark ad altri entro l’autunno, ma l’interesse sembra essere sfumato rispetto al 2014. Da quando il bando è stato pubblicato, a metà aprile, solo il Lme è venuto allo scoperto, rivelando di essersi ufficialmente.
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