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    Dossier | N. 83 articoliCriptovalute: bitcoin e le altre

    Il Bitcoin crolla del 24% in quattro giorni. Perché è sulle montagne russe

    (Ansa)
    (Ansa)

    Da inizio anno il Bitcoin vale il 140% in più. Se però si osserva la quotazione della scorsa settimana - quando negli scambi intraday la criptovaluta più gettonata è arrivata a toccare quota 3.000 dollari - e la si confronta con quella di oggi (2.283) si scopre che in quattro sedute il Bitcoin ha perso il 23,9% del proprio valore.

    Un’escursione al ribasso talmente violenta che a questo punto chi ha deciso recentemente di acquistare nelle varie piattaforme elettroniche che lo consentono la moneta digitale più famosa del web comincia a chiedersi se abbia commesso un grosso errore. Se, come avviene quando si è nel bel mezzo di una tipica bolla finanziaria, sia rimasto con il cerino acceso in mano.

    È presto per dirlo, così come è al momento francamente complesso tacciare il Bitcoin e il fenomeno generale delle criptovalute come una moda passeggera o una bolla destinata certamente a implodere.

    Di certo bisogna dire che non si tratta della prima volta che il Bitcoin subisce i contraccolpi della volatilità. A fine 2013 valeva già oltre 1.100 dollari. Meno di un anno dopo era scesa sotto i 400 dollari. Dopodiché, a partire dal 2015, è iniziato un forte trend rialzista sfociato con la clamorosa accelerazione partita lo scorso autunno che ha portato la valuta da 700 a 3.000 dollari.

    L’ANDAMENTO PAZZO DEL BITCOIN
    La volatilità sulla criptovaluta più utilizzata al mondo

    Le ultime sedute però sono state particolarmente nefaste per la quotazione che, come detto, si è depressa in poche ore di quasi un quarto del valore. Non aiuta in tal senso un report di Morgan Stanley secondo cui il Bitcoin, e più in generale le criptovalute, non potranno affermarsi in futuro né come delle valide monete né come delle interessanti forme di investimento finanziario. Secondo la banca d’affari il Bitcoin è una modalità scomoda per i pagamenti di beni e servizi che non potrà reggere il confronto con la praticità e la solidità oggi garantita dalle carte di debito e credito.

    Il peccato capitale di cui soffrirebbe il Bitcoin è la sua volatilità. Talmente elevata che lo rende troppo difficile per affermarsi come mezzo di pagamento.

    Una secca bocciatura al Bitcoin e alla sua ascesa, così come - per estensione - alla seconda criptovaluta del pianeta, Ethereum. Del resto lo avevamo già detto: il Bitcoin ha degli innegabili punti di forza - che in parte giustificano la folle corsa negli ultimi mesi - ma anche una potenziale estrema fragilità.

    Tra i punti di forza c’è la sua stessa natura di moneta limitata. Secondo le regole per l' “estrazione” fissate dall'ideatore (noto con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto) il Bitcoin tende asintoticamente al limite di 21 milioni, limite che dovrebbe essere raggiunto a una trentina d'anni dalla nascita. Quindi stiamo parlando di una potenziale risorsa limitata. Che sia limitata è fuor di dubbio. Che diventi una risorsa dipende - e questo è il destino comune a tutte le valute, digitali o cartacee - da quanto verrà accettata come mezzo di scambio.

    “Secondo Morgan Stanley il Bitcoin è una modalità scomoda per i pagamenti di beni e servizi che non potrà reggere il confronto con la praticità e la solidità oggi garantita dalle carte di debito e credito”

     

    La scommessa è tutta qui: si rafforzerà come mezzo di pagamento? Quante piattaforme in futuro accetterranno Bitcoin nell’ecommerce? Per acquisire credibilità una criptovaluta ha bisogno di un andamento costante e poco volatile. Una qualità che nell’ultima settimana il Bitcoin ha dimostrato di non possedere ancora. Perché può bastare un report o una decisione politica di un Paese di non accettarlo per minarne le fondamenta e la crescita.

    A conti fatti il Bitcoin non è quindi né promosso né bocciato al test dei mercati finanziari. Per ora è (solo) rimandato.

    www.twitter.com/vitolops

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