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Veneto Banca, chiesti 2,3 miliardi agli ex vertici

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Veneto Banca, chiesti 2,3 miliardi agli ex vertici

  • –Marco Ferrando

Due scenari possibili, la ricapitalizzazione precauzionale con burden sharing a carico di azionisti e obbligazionisti subordinati e la soluzione “di sistema”, con un «investimento del tutto volontario» da parte delle «banche eventualmente interessate»; uno scenario escluso, quello del bail in che colpirebbe anche bond senior e depositi sopra i 100mila euro, e un negoziato «positivo» con l’Unione europea.

Intervenendo alla Camera per rispondere ai question time su Popolare di Vicenza e Veneto Banca presentati da Lega Nord e Pd, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan distilla la posizione ufficiale del governo sul lungo lavorio per il salvataggio dei due istituti in difficoltà. Salvataggio che, ribadisce Padoan, non contempla un intervento pubblico unilaterale, senza il via libera di Bruxelles, perché questa scelta «non metterebbe in sicurezza le banche, ma ne accrescerebbe l’instabilità». L’idea di rompere il filo della trattativa, spiega il ministro, sarebbe bloccata dalla Bce, che imporrebbe di «appostare a fondo rischi un ammontare analogo ai fondi immessi perché questi ultimi sarebbero oggetto di una immediata decisione di restituzione da parte della Commissione europea».

Intanto da Montebelluna arriva l’avvio dell’azione di responsabilità che presenta un conto da 2,3 miliardi a titolo di danni «nei confronti di ex amministratori e sindaci alternatisi in carica fino al 26 aprile 2014», giorno dell’assemblea che segnò la fine del tandem Consoli-Trinca, con l’elezione di Francesco Favotto alla presidenza e la conferma per qualche mese di Consoli nel ruolo di dg. Probabilmente non arriveranno mai, ma il caso vuole che la cifra - superiore a quella di Popolare Vicenza - sarebbe più che sufficiente a colmare il gap di capitale privato mancante per l’aumento a carico dello Stato.

L’atto di citazione è stato depositato martedì dai consulenti legali della banca (lo studio Orrick e lo studio Tombari) e fa seguito a quanto deliberato dall’assemblea degli azionisti del 16 novembre scorso. «È stato un lavoro preciso, dettagliato e approfondito: una necessaria risposta a quell’esigenza di giustizia che i territori richiedevano» ha commentato Massimo Lanza, Presidente di Veneto Banca. «Proprio per queste ragioni - ha sottolineato il Presidente - abbiamo voluto dedicargli l’adeguata attenzione».

«L’atto di citazione ha richiesto un lavoro enorme che è stato realizzato grazie ad un grande gioco di squadra, orientato da due giuristi molto competenti come Umberto Tombari e Michele Bertani» ha dichiarato Alessandro De Nicola, senior partner dello studio Orrick. «Le strutture interne aziendali, insieme ai consulenti di Ey, hanno dovuto ricostruire comportamenti e posizioni creditorie complesse, alcune risalenti a molti anni addietro, che gli avvocati hanno poi dovuto rendere intellegibili da un giudice. Abbiamo poi cercato di avvalerci, ma non in modo acritico, di quanto emerso dalle carte di Banca d’Italia, Consob, Procura e Autorità Antitrust». «Ai nostri occhi - ha concluso - è apparso un danno spaventoso benché a tutt’oggi provvisorio e potenziale. Naturalmente, aspetteremo fiduciosi il giudizio della magistratura in proposito».

Tornando al salvataggio, tutti gli occhi restano puntati su modalità e dimensioni del possibile intervento privato, all’interno della ricapitalizzazione precauzionale che resta la strada principale per Vicenza e Montebelluna. Già la raccolta degli 1,25 miliardi indicati da Bce e Commissione Ue, che l’Italia punta ad abbassare verso quota 6-700 milioni anche rivedendo il piano industriale, si sta rivelando più complicata rispetto alle previsioni iniziali, all’interno del gioco tattico in cui tutti i big sembrano attendere le mosse degli altri. Ancora ieri, a margine di un’iniziativa Acri, il consigliere delegato di Intesa Carlo Messina non ha voluto commentare ipotesi sui tempi per la soluzione e su un eventuale intervento della banca, limitandosi a un «vediamo come si determina lo scenario». Generali, dal canto suo, ha ribadito il «non possumus».

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