Arriva la sospensione del pagamento del bond di Veneto Banca in scadenza mercoledì prossimo, come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri. Ma intanto si complica di nuovo la partita Mps con l’annuncio, da parte dei fondi Fortress ed Elliott, di abbandono del tavolo sulla cessione dei 26 miliardi di Npl. Una mossa, questa, che se confermata nei prossimi giorni impatterebbe sia sul piano per la ricapitalizzazione precauzionale di Siena sia su quello delle due venete. Ma andiamo con ordine. Ieri sera il consiglio dei ministri, con un decreto-lampo atteso oggi in Gazzetta, sospende per sei mesi dalla richiesta di ricapitalizzazione precauzionale i rimborsi dei bond subordinati delle banche che puntano all’aiuto statale.
Ok dalla Commissione: riduce aiuti pubblici
Una misura, quella varata ieri dal Cdm, che ha ricevuto oggi l’ok della Commissione Ue e che secondo Bruxelles «può contribuire a ridurre» l'importo degli aiuti pubblici necessari per il salvataggio delle banche nell'ottica del burden-sharing, cioè nella condivisione dei costi tra privato e pubblico. In una nota Bruxelles aggiunge che sono stati fatti «buoni progressi» per trovare una soluzione «in linea con le regole Ue» alla crisi delle due banche. Commissione, Bce e autorità italiane stanno lavorando «in stretto contatto e in maniera costruttiva» con l'obiettivo di «trovare una soluzione per le due banche in linea con le regole Ue». Bruxelles ribadisce che nel quadro delle regole Ue sul burden-sharing i titolari di obbligazioni “senior” e i depositanti restano totalmente garantiti.
La norma, pensata per Montebelluna, ha un inevitabile carattere generale e coinvolge quindi anche i titoli junior di Pop. Vicenza e Mps. La sospensione è l’unico modo per evitare un bivio complicato. Il rimborso da circa 85 milioni di Veneto Banca non avrebbe creato problemi di liquidità, grazie alle emissioni miliardarie con garanzia statale, ma disparità di trattamento rispetto ai titolari degli altri bond junior destinati a essere azzerati dal burden sharing previsto con la ricapitalizzazione precauzionale (o il bail in finora escluso sia dal governo sia dalla commissione europea). Lo stop al pagamento senza copertura normativa, invece, avrebbe posto le premesse per il default esponendo a rischi pesanti gli amministratori di Veneto Banca. «Il decreto - dice il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta - è una prova ulteriore della volontà del Governo di sostenere e dare una soluzione alle due ex popolari venete». La nuova regola, però, non cancella il rischio di eventuali ricorsi da parte degli investitori.
In termini di valore la decisione di ieri è leggera, 85 milioni appunto, ma il tassello messo con il decreto è solo il primo di un percorso ancora da disegnare. In cantiere c’è un intervento più complessivo sul settore bancario, che potrebbe passare anche da un nuovo contributo al fondo esuberi, ma la sua definizione arriverà solo dopo il chiarimento delle sorti di Veneto Banca e Pop. Vicenza.
Sul punto, a margine dell’Ecofin di ieri in Lussemburgo, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha ribadito la «fiducia che una soluzione positiva sarà raggiunta a breve». Per centrare l’obiettivo vanno risolte due questioni intrecciate: l’entità del contributo privato alla ricapitalizzazione, che Bce e Commissione hanno valutato in 1,25 miliardi, e l’Italia punta a ridurre, e la costruzione della squadra per l’intervento “di sistema”. Si tratta di aspetti collegati, perché la disponibilità di una cordata privata renderebbe più difficile per le autorità Ue irrigidirsi su poche centinaia di milioni. Per facilitare questo esito, Mef, autorità di vigilanza e banche hanno deciso di aprire, con l’aiuto di un advisor, a chi si candida all’investimento l’accesso ai dati chiave dei due istituti.
Il dossier veneto si intreccia con quello di Mps. Dalle trattative con la banca si sono sfilati i due fondi Fortress ed Elliott che, insieme ad Atlante, stavano trattando sul prezzo di cessione dei crediti, stimato attorno al 20-21% del valore lordo. La banca ha concesso un’esclusiva fino al 28 giugno, quindi è possibile che il dossier si riapra nei prossimi giorni. A quanto risulta, i due fondi americani avrebbero posto una serie di condizioni per compensare la valutazione riconosciuta all’intero pacchetto. Condizioni, queste, che però a giudizio del Monte avrebbero messo a rischio l’intera architettura del piano concordato con Bce, e del relativo fabbisogno fissato a 8 miliardi. Da qui la frattura. Ora si tratterà di capire se ci sono margini per recuperare. La banca si dichiara pronta a proseguire la trattativa con Atlante 2. Il veicolo oggi ha in pancia 1,7 miliardi, di cui 900 per Mps, 450 milioni per le due venete, e 350 per Cariparma e le tre piccole casse e Carife-Bper. L’operazione su Mps si potrebbe fare, ma a costo di far saltare le altre partite. Altrimenti l’asta potrebbe riaprirsi, ma con tempi più lunghi e nuove incertezze.
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