Per tutto il 2016 quella sul settore petrolifero è stata la scommessa vincente sui mercati finanziari. I prezzi di saldo a cui i giganti dell’industria trattavano quando il prezzo viaggiava sotto i 30 dollari al barile sono stati un’occasione per fare ottimi affari una volta che il prezzo della materia prima è rimbalzato complice anche l’accordo in seno all’Opec per tagliare la produzione. Chi ha comprato le azioni della britannica Bp ai minimi ha portato a casa un rialzo dell’84 per cento. Chi ha puntato sul disastrato colosso brasiliano Petrobras ai minimi ha portato a casa un +187 per cento.
Quella che è stata una scommessa vincente nel 2016 non pare trovare conferme quest’anno. Di pari passo con le quotazioni di Brent e Wti, che si sono rimangiati tutti i guadagni messi a segno dopo l’accordo Opec, il settore petrolifero in Borsa ha sofferto molto. Da inizio anno l’indice settoriale europeo Stoxx Europe 600 Oil&Gas ha perso il 9,7%, il paniere di comparto americano ha perso addirittura il 21 per cento. Complessivamente le 20 maggiori società quotate al mondo del settore hanno bruciato qualcosa come 100 miliardi di dollari di capitalizzazione.
Il 2017 doveva essere l’anno del riscatto sul fronte dei conti societari. Dopo un biennio da dimenticare, in cui il crollo dei prezzi aveva ridotto i profitti al lumicino, il consensus degli analisti di S&P Market Intelligence aveva messo in conto un balzo del monte utili delle 20 maggiori società mondiali da 38,5 a 107 miliardi di dollari. Previsioni fatte evidentemente non tenendo conto dello scivolone del greggio che, se non ci sarà un cambio di rotta, dovranno per forza di cose essere riviste al peggio.
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