Finanza & Mercati

Trump apre la crociata per il «dominio» Usa nell’energia

  • Abbonati
  • Accedi
scenari

Trump apre la crociata per il «dominio» Usa nell’energia

Pozzi petroliferi in California (Afp)
Pozzi petroliferi in California (Afp)

L’indipendenza energetica è un traguardo che non basta più agli Stati Uniti di Donald Trump. Adesso l’obiettivo esplicito è il «dominio» dei mercati internazionali, da conquistare soprattutto attraverso il petrolio e il gas, ma anche con il carbone – che il nuovo inquilino della Casa Bianca difende a spada tratta – e con l’export di tecnologie per il nucleare e le rinnovabili “verdi”, come solare ed eolico.

L’offensiva in realtà è già partita da tempo grazie al miracolo shale: è stato durante la presidenza di di Barack Obama che Washington ha liberalizzato le esportazioni di greggio, nel dicembre 2015, e quelle di Gas naturale liquefatto (Gnl), con il primo impianto – quello di Cheniere Energy a Sabine Pass, in Texas – attivo da febbraio 2016. E gli idrocarburi «made in Usa» oggi raggiungono ogni angolo del mondo, mettendo in difficoltà i concorrenti con prezzi bassi e flessibilità dei contratti di fornitura.

Adesso la Casa Bianca si appresta ad aprire ufficialmente la sfida, promettendo un’ulteriore accelerazione nella campagna per la conquista dei mercati, sia sul fronte economico sia su quello geopolitico, con la Russia che emerge tra i principali avversari. Domani il presidente Trump inaugurerà la «settimana dell’energia», un’iniziativa simile ad altre già dedicate alle infrastrutture e all’occupazione, che i critici avevano liquidato come un diversivo per distogliere l’opinione pubblica da temi più spinosi, come lo scandalo Russiagate. L’impressione tuttavia è che stavolta non si tratti solo di slogan.

In agenda ci sono già appuntamenti politici importanti: ieri Trump era in India, dove ha promesso maggiori forniture di gas americano, mentre giovedì prossimo – prima del G20 in Germania – farà tappa in Polonia, dove incontrerà anche leader di altri Paesi dell’Europa dell’Est, per discutere di energia. Il focus sarà quasi certamente su come attenuare, grazie agli Usa, la dipendenza dal gas russo.

Il sottosegretario all’Energia, Rick Perry, si è portato avanti, offrendo all’Ucraina il carbone americano. Ma gli Usa sono già andati ben oltre le parole. La Lituania – che fino a tre anni fa dipendeva al 100% da Gazprom per le forniture di gas – lunedì ha annunciato di aver siglato un contratto per ricevere Gnl dagli Usa per tutto il 2017. La Polonia – che si è dotata di un rigassificatore solo l’anno scorso – ha ricevuto la settimana scorsa il suo primo carico (spot) di gas americano e ora dichiara di voler prendere accordi di medio-lungo termine con Cheniere Energy (per ora ha un contratto con il Qatar).

Partite solo a febbraio 2016, le esportazioni di Gnl da gli Stati Uniti hanno già raggiunto oltre 20 Paesi, Italia compresa (con un carico a Livorno lo scorso dicembre), con un record storico di 17 carichi esportati a maggio. Questo mese oltre alla Polonia, si è aggiunta alla lista dei “clienti” anche l’Olanda, Paese che è esso stesso un importante produttore di gas (anche se forse il carico era destinato ad essere riesportato).

Ora l’amministrazione Trump si sta dando da fare per accelerare l’espansione, proponendosi attivamente come fornitore (con particolare attenzione alla Cina) e rendendo più spedite le pratiche per l’avvio di nuovi impianti di liquefazione. Accanto a Sabine Pass di Cheniere, l’unico attivo per il momento, ci sono in costruzione altri 5 impianti negli Usa (uno dovrebbe essere pronto a fine anno), mentre altri 4 hanno ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie.

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno ottenuto risultati ancora più soprendenti sui mercati petroliferi. Con una produzione di greggio in fortissima crescita, proiettata a superare 10 milioni di barili al giorno nel 2018, e grazie anche a noli marittimi e arbitraggi di prezzo favorevoli, Washington è arrivata ad esportare un record di 1,1 mbg lo scorso febbraio, più di quanto riescano a fare molti Paesi dell’Opec (anche se tuttora meno dell’1% dei volumi globali).

Tra greggio e prodotti petroliferi l’export americano è più che raddoppiato in sei anni, evidenzia il dipartimento dell’Energia Usa, passando da 2,4 mbg nel 2010 a 5,2 mbg nel 2016.

© Riproduzione riservata