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Svolta a Cologno: ora si punta sulla tv generalista

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Svolta a Cologno: ora si punta sulla tv generalista

  • –Simone Filippetti

Montecarlo

La prima fake news nella storia della televisione gira da anni. Almeno dieci. Ancor prima che il neologismo, di cui tutti oggi si riempiono la bocca, venisse inventato. E profetizzava la “morte” della Tv generalista, uccisa dalle pay Tv, da internet e dai social media. Ma siccome la Storia dimostra sempre che niente è più falso delle previsioni, la fine dei canali generalisti e gratuiti non c'è mai stata. Anzi, casomai, a non sentirsi bene in Italia è invece la Pay Tv.

Nella notte dei palinsesti, eccezionalmente trasferita a Montecarlo sulla terrazza dell Hotel Hermitage, Pier Silvio Berlusconi che non risparmia endorsmenet per un ritorno, l’ennesimo. Del padre in politica («lo dico da italiano, non da figlio»),riporta la rotta su quello che la sua famiglia di editori sa fare meglio e lo fa da quasi 40 anni. Con amara constatazione che «con il calcio si perde sempre», Berlusconi lancia una sorta di ritirata strategica dalla pay tv. La parola switch-off, lo spegnimento del segnale, non è nel vocabolario di Pier Silvio, ma le sue parole suonano un po’ come un mea culpa: «Di errori ne avremo pure fatti, ma nessuno poteva immaginare che il mercato si sarebbe dimezzato».

Non si può dargli torto. Nel 2007 le previsioni immaginavano una torta enorme per la Pay tv: 12 milioni di famiglie avrebbero pagato per avere film e sport. Dieci anni dopo la Tv a pagamento in Italia è ferma, e da molto tempo, sulla paludosa soglia dei 6 milioni di abbonati. Non si muovono.

Nell’arena della pay Mediaset c’era entrata per difendersi: con la Tv generalista data per spacciata, con una sovraofferta di banda, con un mercato in sbornia collettiva da Pay Tv, chi non aveva canali a pagamento era emarginato. Dopo il debutto, il blitz sulla Champions: «Fu una mossa di sviluppo» ricorda PierSilvio, ma fu anche un assalto, senza precedenti, al nemico per strappargli uno dei suoi storici pezzi forti. Il prezzo, col senno di poi ma anche con un po’ di senno di allora, fu esagerato (circa 650 milioni) e con risultati inferiori al previsto. A quel punto in Mediaset hanno capito che bisognava cercare un marito per Premium: ci furono contatti con Al Jazeera, poi si vociferò pure di un clamoroso matrimonio con Sky. Lo sposo fu infine individuato in Vivendi dell’allora amico Vincent Bollorè. Che però ha ripudiato Premium, lasciando Mediaset nei pasticci, e con un buco in bilancio di 120 milioni. Che succederà ora alla Pay tv? Per un altro anno ancora, Premium trasmetterà in esclusiva Champions League e Serie A (unica tv ad avere entrambe le competizioni). Poi però dalla stagione 2018-2019, la ex Coppa dei Campioni traslocherà (mentre per la Serie A è ancora tutto in alto mare) di nuovo a casa Sky.

Dovesse rimanere del tutto senza calcio, con gli abbonati che a quel punto crollerebbero sotto il milione, Premium potrebbe confluire dentro Infinity, la piattaforma pay on demand, magari con una formula commerciale. Qualcuno dei manager presenti ieri sera sussurrava di un modello Spotify della tv. Una base gratuita e dei servizi a pagamento per una clientela ridotta. Anche perché la Pay Tv classica, quella che si fa oggi, «non ha futuro» chiosa Berlusconi: ormai funziona solo con i grandi eventi e le trasmissioni dal vivo, «prodotti costosissimi sui quali il rischio di perdere è altissimo».

Le parole “Pay TV” e “Premium” non sono quasi mai state nominate a Montecarlo. Sostituite da parole storiche come TV o pubblico. Altro che social media, altro che Facebook. Oggi il 90% dei giovani si informa ancora con i telegiornali; la metà di loro li ritiene attendibili (contro appena il 20% dei vari social media). E Mediaset ha leadership sul pubblico dei giovani, il più pregiato (ma su questo c’è una sorta di guerra a distanza con la Rai che ha il primato sugli over 60): la TV tradizionale è più viva che mai. Quello che è morto è il vecchio modo di vederla. L’immagine della TV “nuovo focolare” attorno a cui la famiglia si riuniva, intuito da Renzo Arbore nella Vita è tutto un quiz, non esiste più. Il consumo di Tv è tutto spezzettato e senza orari. E allora ecco che la TV generalista e gratuita diventerà completamente on demand. Tradizionale, ma con un tasso di innovazione tecnologica altissimo, come dimostra il caso Mediaplay (si veda altro articolo in pagina).

Il segnale del cambio di rotta, più che gli annunci o le parole, è sempre però nei numeri: la nuova Mediaset rifocalizzata sulla Tv generalista tornerà in utile già quest’anno. Non è difficile: il maxi-rosso dell’Annus Horribilis 2016 era tutto dovuto alla tegola Premium. Una volta sterilizzato quel problema, la macchina torna automaticamente a macinare soldi. Come ha sempre fatto.

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