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«Progetto che ci apre al mondo, puntiamo a mille aziende»

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«Progetto che ci apre al mondo, puntiamo a mille aziende»

  • –Antonella Olivieri

Raffaele Jerusalmi ha sempre creduto nel progetto Elite, modello unico di sostegno allo sviluppo delle Pmi, partorito e cresciuto in seno a Borsa italiana e con una governance tutta italiana anche adesso che l’iniziativa è cresciuta fino ad abbracciare 601 società (di cui 386 italiane) di 25 Paesi - non solo europei, perché hanno aderito anche Marocco e Israele - con 36 settori di attività rappresentati, 50 miliardi di euro di ricavi aggregati e oltre 215mila addetti. Oggi Elite è una Spa di cui presidente è l’ad di Borsa italiana e amministratore delegato è Luca Peyrano, formatosi in Borsa già responsabile del mercato primario europeo. Comprensibile quindi la soddisfazione di Jerusalmi per l’apertura del capitale della società a Cdp (15%) e a Nuo Capital (10%), veicolo d’investimento della famiglia Pao Cheng, una delle più influenti nella business community di Hong Kong.

«Fin dall’inizio - racconta Jerusalmi a riguardo dell’iniziativa nata solo cinque anni fa - ci eravamo posizionati in una logica di sistema con la collaborazione di Confindustria e Mef, poi si è aggiunto anche il Mise. L’idea di offrire una piattaforma digitale sofisticata per aiutare lo sviluppo delle Pmi ha riscosso sul campo molto successo. Così abbiamo iniziato a esportare il modello in Europa, prima in Uk - sono 101 le aziende britanniche nel progetto - e poi in altri Paesi».

Come si è arrivati all’ingresso dei nuovi partner?

Con Cdp e i suoi fondi d’investimento c’è stata sempre una collaborazione molto proficua, tant’è che hanno spinto le aziende nel loro portafoglio a entrare nel progetto Elite. A un certo punto Cdp ci ha fatto sapere che sarebbero stati interessati a considerare un investimento azionario nella società.

Nuo Capital è stata portata dalla Cdp?

No, li abbiamo conosciuti attraverso Banca Intesa. Si tratta di un family office molto influente che ha deciso di stabilire una filiale in Europa, con sede legale in Lussemburgo e quartier generale a Milano, diretto da un italiano, Tommaso Paoli, che viene proprio da Intesa. In Italia si sono già mossi rilevando per esempio da Campari i vini Sella & Mosca e Teruzzi & Puthod. L’idea di aprire il capitale a Cdp e Nuo Capital ci è piaciuta subito: sono i partner giusti per noi, CDp ci aiuterà a rafforzare la nostra posizione sul mercato paneuropeo, Nuo Capital sul mercato asiatico.

Quanto è stata valorizzata la società?

Questo non è pubblico, ma non è una questione di soldi, bensì di partnership di sviluppo. Condividiamo gli stessi valori e in particolare con Cdp la missione di aiutare lo sviluppo delle Pmi.

Avete già messo a punto un piano d’azione con loro?

Un piano vero e proprio non lo abbiamo ancora, ma ne parleremo nelle prossime settimane. L’ingresso di questi due soci è la testimonianza della validità del progetto Elite. Di recente Elite ha firmato un accordo con Confindustria. Vorrei ricordare che Vincenzo Boccia, quando era presidente di Piccola industria, è stato tra i primi convinti sostenitori e ci ha aiutato molto nella prima fase di sviluppo. L’accordo che abbiamo firmato oggi si pone l’obiettivo di unire gli sforzi per arrivare nel giro di 18 mesi al traguardo di mille aziende.

Che riscontri ha avuto Elite in questi cinque anni?

È un progetto che è sostenuto anche a livello di Unione europea, perché riconosciuto come strumento efficace per sostenere lo sviluppo delle Pmi. Tutte le aziende che hanno partecipato hanno dato feedback entusiasti. Il 30% dei partecipanti ha realizzato operazioni di finanza straordinaria, di cui 201 operazioni di M&A e joint venture. Questo dimostra che Elite è apprezzata non solo come percorso di formazione - finanziaria, strategica, di governance - ma anche come opportunità di business. Da due mesi abbiamo anche ottenuto a Londra l’autorizzazione dalla Fsa per lanciare Elite Club Deal che consentirà alle imprese di raccogliere capitali, azioniari o debito, con il supporto delle banche. Chiaramente Elite non è per tutti. Si tratta di aziende con ricavi medi intorno ai 100 milioni, oltre il 50% di export, tassi di crescita importanti e interessate a cogliere le opportunità che la globalizzazione può offrire. Sono società non quotate, ma in alcuni casi con storia centenaria come Frescobaldi o Fratelli Branca. Per il momento non riguarda le start up, ma in futuro vedremo.

Con la Brexit non sarà un problema mantenere la piattaforma di raccolta dei capitali a Londra?

Per i prossimi due anni non ci sono problemi, poi valuteremo, dipende da come andranno i negoziati.

Lei cosa si augura?

Spero che tra regolatori Ue e Uk si arrivi a formulare soluzioni ispirate al buon senso.

Che cosa pensa della Brexit? Andrà davvero avanti?

Credo che la Brexit sia un grave danno per il Regno unito e la piazza londinese. Se fossi un politico britannico farei di tutto per limitare i danni, ma mi pare difficile che possano fare marcia indietro dopo aver fatto scattare l’articolo 50 del Trattato.

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