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Telecom, ispezione Consob. Nel mirino il ruolo di Vivendi

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Telecom, ispezione Consob. Nel mirino il ruolo di Vivendi

Dopo l’Antitrust, la Consob. Per la seconda volta nel giro di poche settimane, gli uffici Telecom di Milano e Roma sono stati ispezionati dalla Guardia di Finanza. Questa volta la raccolta di documenti è per conto dell’Authority di mercato che intende accertare la natura dei rapporti tra Tim e Vivendi e l’influenza del socio transalpino che, col 23,9% del capitale ordinario, ha ottenuto l’ok condizionato di Bruxelles al controllo di fatto dell’incumbent tricolore. Se Consob dovesse accertare che Vivendi esercita “direzione e coordinamento” su Telecom, scatterebbe probabilmente - via coordinamento con l’Amf - l’obbligo di consolidamento del debito che i precedenti azionisti di riferimento, Olimpia e Telco, erano riusciti a evitare. La “prova” non è scontata perchè la quota di Vivendi, per quanto pesante, non è in grado di garantire la maggioranza assoluta in assemblea. Ma il comportamento dei francesi ha già più volte suscitato polemiche e reazioni anche da parte degli organi sociali.

Si potrà ricordare che, con l’astensione al voto, Vivendi aveva impedito che si realizzasse la conversione delle azioni di risparmio - attesa da anni sul mercato - che avrebbe diluito la sua quota (oggi calerebbe intorno al 17%). Quando si era deciso di sostituire il precedente ad, Marco Patuano, un anno prima della scadenza del suo mandato, Parigi vagliava i potenziali candidati, in parallelo alla procedura ufficiale: la scelta era comunque caduta sull’attuale ad Flavio Cattaneo. Si potrebbe ricordare anche il tira e molla sulla presidenza di Giuseppe Recchi che, confermato nel ruolo per un altro mandato all’assemblea del 4 maggio, un mese dopo - conclusa l’istruttoria della Dgcomp Ue che impediva cambiamenti nella governance - ha dovuto lasciare il posto al ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, diventandone vice ma senza deleghe. Proprio il 4 maggio, mentre il vecchio consiglio Telecom era scaduto e il nuovo non ancora insediato, Vivendi, per rimuovere le pregiudiziali antitrust al controllo di fatto, relative alla quota rastrellata in Mediaset, aveva presentato a Bruxelles l’impegno a far cedere la partecipazione in Persidera, la società dei mux (i canali tv del digitale terrestre). Peccato che il legittimo proprietario, Tim, non ne sapesse nulla, che l’abbia pubblicamente dichiarato con un comunicato e che la questione sia arrivata all’attenzione degli uffici corporate governance della Consob.

La questione del ruolo del socio maggioritario era stata già sollevata in precedenza dai sindaci che alla fine hanno ottenuto l’adozione di una procedura - sollecitata da Lucia Calvosa e Francesca Cornelli, espresse in cda dai fondi - per le operazioni con parti correlate in chiave estensiva, ricomprendendo cioè anche le società del gruppo Bolloré, che a sua volta ha il controllo di fatto su Vivendi.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato però il tentativo di mettere nuovamente mano alla governance, con l’ipotesi di un triumvirato che vedeva De Puyfontaine affiancato da Recchi come ad e da Amos Genish come direttore generale. Dopo le voci rimbalzate da Parigi, la Consob è intervenuta ufficialmente per chiedere chiarimenti a Telecom, presidente e ad, ottenendone come risposta, in sostanza, che a livello di società e di organi societari non è passato nulla. Genish, il manager israeliano che da inizio anno è chief convergence officer di Vivendi, è stato visto in Tim ancora un paio di settimane fa, dopo aver partecipato in precedenza a riunioni sui diritti del calcio.

Da parte sua Cattaneo ha dichiarato che ha intenzione di rispettare il contratto che lo lega a Telecom fino al 2020. Un contrattom “blindato”, approvato dal precedente cda e dall’assemblea, che gli permetterebbe di reclamare spettanze fino a 50 milioni, nel caso in cui venisse rimosso o “commissariato”. Singolarmente l’azionista, pur al controllo di fatto, non ha potere di farlo e difficilmente il board - composto da 10 amministratori indipendenti su 15 - si prenderebbe la responsabilità di corrispondere una simile cifra a un ad, in sella da poco più di 15 mesi, proprio il giorno in cui (cda il 27) consegnerà i risultati semestrali che, nell’attesa del mercato, si preannunciano quantomeno buoni.

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