Finanza & Mercati

Fincantieri, scontro Roma-Parigi su Stx

  • Abbonati
  • Accedi
In primo piano

Fincantieri, scontro Roma-Parigi su Stx

  • –Celestina Dominelli

Il governo italiano boccia l’ultima proposta di Parigi per un controllo paritetico su Stx France e prova a stringere all’angolo la controparte nel tentativo di chiudere l’acquisizione a opera di Fincantieri. Sono ore cruciali per l’operazione che rischia però di finire in un cul de sac se lo Stato francese, titolare di una minoranza di blocco, non volgerà a più miti consigli.

Così ieri tra le due sponde, alla ricerca di una quadra da settimane, è calato improvvisamente il gelo dopo che il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha fatto recapitare all’esecutivo italiano l’ennesima proposta con una suddivisione alla pari del capitale dell’azienda transalpina. «Per garantire il futuro di Stx - ha detto il ministro in Senato - noi pensiamo che sia meglio una divisione paritaria: 50 per Fincantieri e 50 per i detentori francesi di capitale. Questo significa due cose - ha aggiunto - e cioè che i nostri amici italiani sono i benvenuti ma che noi desideriamo rimanere nel capitale di Stx con una partecipazione paritaria».

La risposta non si è fatta attendere e ha visto compattarsi i principali protagonisti - i ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico, Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda, e il ceo di Fincantieri, Giuseppe Bono -, assolutamente disponibili a proseguire il negoziato, ma allineati nel respingere l’ultimo tentativo di compromesso da parte francese. La pazienza del governo e dell’azienda italiani sembra dunque essere arrivata agli sgoccioli e i prossimi giorni saranno decisivi per capire se si arriverà a scrivere la parola fine attorno a questa travagliatissima operazione che era stata praticamente chiusa sotto la presidenza Hollande e che è stata poi parzialmente rinnegata dal suo successore Emmanuel Macron.

Ieri Bono, al termine del cda che ha approvato i conti, si è detto ancora «fiducioso» su una conclusione del deal purché «la combinazione delle due società possa creare ulteriormente valore». Ma ora, a pochi giorni dalla deadline del 29 luglio, quando andranno a scadenza i due mesi entro i quali lo Stato francese può esercitare il suo diritto di prelazione, la distanza tra Roma e Parigi sembra essersi fatta siderale. L’Eliseo non vuole cedere terreno, preoccupato forse anche dal calo di popolarità del nuovo inquilino che si era recato nei cantieri affacciati sulla Loira proprio pochi giorni dopo il suo insediamento e che da lì aveva rimesso in discussione la bozza d’intesa raggiunta ad aprile. Per parte loro, il governo italiano e l’azienda sono assolutamente fermi nel voler difendere due principi: assicurare a Fincantieri la maggioranza e, soprattutto, il controllo del cda e la gestione industriale dei cantieri. Stando così le cose, l’accordo per ora non c’è e rischia di saltare anche il progetto più ampio, su cui pure nei giorni scorsi c’erano stati passi avanti nelle discussioni tra Fincantieri e l’ex Dcns (il gruppo della difesa a controllo pubblico), di integrazione nel militare, oltre al civile.

Intanto, però, Fincantieri si consola con i risultati semestrali approvati ieri, che mostrano ricavi in crescita dell’1,3%, a quota 2,29 miliardi (inclusi i proventi), Ebitda in rialzo del 29,2% a 146 milioni, Ebit in salita del 44,2% a 88 milioni, mentre l’utile netto è di 11 milioni, in aumento di 6 milioni rispetto allo stesso periodo del 2016. Quanto all’indebitamento, pari a 631 milioni, si confronta con i 615 milioni di fine dicembre e sconta il finanziamento di attività collegate alla costruzione di navi da crociera. Sul fronte ordini, a fine giugno l’asticella si attesta a 4,3 miliardi (5,8 miliardi nel primo semestre 2016), con un carico di lavoro complessivo pari a 25,5 miliardi (21,8 miliardi nei primi sei mesi dello scorso anno), di cui 20,4 miliardi di backlog (a fronte dei 19,3 miliardi al 30 giugno 2016).

© RIPRODUZIONE RISERVATA