L’oro sta perdendo la stampella degli Etf, prodotti finanziari che fin dal debutto – nell’ormai lontano 2004 – hanno sempre avuto un ruolo chiave nell’indirizzare le quotazioni del lingotto. In luglio i flussi di investimento sono stati negativi secondo Bloomberg, con riscatti netti per 1,72 miliardi di dollari. Ma gli acquisti si stavano già indebolendo da mesi, con effetti negativi sulla domanda globale di oro: nel secondo trimestre questa è scesa complessivamente a 953 tonnellate, il 10% in meno rispetto allo stesso periodo del 2016 e il minimo da due anni su base trimestrale.
I dati sono del World Gold Council (Wgc), che non ha dubbi sul fatto che siano stati proprio gli Etf il «fattore predominante dietro la caduta della domanda»: tra marzo e giugno hanno attirato appena 56 tonnellate di metallo, meno del settore industriale, che al traino di smartphone, Led e sistemi di ricarica wireless ha assorbito nello stesso periodo 80,1 tonnellate.
La tendenza si è accentuata di recente, ma era già visibile all’inizio dell’anno: nel primo semestre la domanda di oro ha registrato un calo del 14% a 2.004 tonnellate, nonostante i consumi in gioielleria si siano ripresi rispetto ai livelli depressi dell’anno scorso, in particolare nei mercati cruciali di Cina e India (+5% a 967,4 tonn).
«La domanda è un po’ più equilibrata – commenta Alistair Hewitt, head of market intelligence del Wgc – L’anno scorso avevamo avuto enormi flussi di investimento in Etf, mentre i mercati fisici della gioielleria, delle barre e delle monete erano crollati a minimi pluriennali».
Anche gli acquisti di barre e monete d’oro sono in effetti risaliti (+13%) ma a 240,8 tonnellate nel secondo trimestre – osserva lo stesso Wgc – restano inferiori alla media degli ultimi 3 e 5 anni.
Nemmeno in gioielleria i consumi si possono definire floridi: è solo la quarta volta dal 2000 che non superano 1.000 tonnellate in un semestre. Inoltre ci sono parecchie incognite sul futuro.
In India la recente impennata delle importazioni e delle vendite al dettaglio di oro appare legata a due fattori, entrambi temporanei: da un lato si è attenuata la crisi di liquidità che era seguita al piano di demonetizzazione del Governo e dall’altro all’attesa di un cambio del sistema di tassazione, che è poi entrato in vigore il 1° luglio. Un rallentamento della domanda a questo punto è plausibile, se non addirittura probabile.
Per gli investimenti in Etf d’altra parte non si intravvedono brusche inversioni di rotta, anche se una Fed meno aggressiva nella tempistica della stretta monetaria ha riportato un po’ di interesse sul lingotto, spingendone il prezzo sopra 1.270 $/oncia questa settimana.
In luglio la tendenza emersa dal rapporto Wgc si è anzi accentuata: il flusso di investimenti in Etf da debole si è fatto negativo. Si è probabilmente placato anche l’appetito dei risparmiatori europei, che nella prima metà dell’anno erano stati responsabili del 76% dei flussi, portando ilpatrimonio gestito nel Vecchio continente al record storico di 978 tonnellate.
Resta invece un’altra anomalia già evidenziata dal Wgc: la fuga sembra essere soprattutto da un Etf sull’oro fisico, ossia l’Spdr Gold Share, il più grande e il più liquido del mondo. Il suo patrimonio è crollato sotto 800 tonnellate, ai minimi da oltre un anno, dopo aver subito riscatti per 2,4 miliardi in luglio, i maggiori dal 2013, quando l’oro era in una fase di bear market.
Al contrario gli altri Etf continuano a registrare flussi positivi, benché insufficienti a compensare l’emorragia. Il fenomeno si spiega forse col fatto che a scaricare oro oggi sono soprattutto i fondi (e non i piccoli risparmiatori). L’Spdr Gold Share, proprio per la sua grande liquidità, è il preferito dagli speculatori.
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