Stop al grande risiko, sì a piccole acquisizioni e joint venture, in particolare con aziende contigue dal punto di vista territoriale. Da A2A ad Iren per arrivare ad Hera, la politica delle principali multiutility italiane sul fronte delle aggregazioni sembra ormai definita. Basta scorrere l'elenco delle principali operazioni degli ultimi trimestri, così come i più importanti deal attualmente in “pipeline”, per intuire come le ex municipalizzate si siano definitivamente lasciate alle spalle l'era dei clamori e degli annunci da prima pagina e, ormai, lavorino solo su acquisizioni mirate e laddove ci siano presupposti per creare valore e sinergie.
In passato, per esempio, si era a lungo parlato (soprattutto tra i soci) di un'aggregazione tra A2A e Iren. Da tempo, tuttavia, i due gruppi – che nell'ultimo triennio hanno registrato risultati di bilancio in costante crescita e quotazioni di Borsa sui massimi - hanno deciso di lavorare sui territori di riferimento. La prima, che fa capo ai Comuni di Milano e di Brescia, ormai più di un anno fa ha stretto una joint venture con Linea Group, multiutility della Bassa Lombardia (Lodi, Rovato, Pavia, Crema e Cremona), rilevandone il 51%. Un progetto di integrazione che procede secondo le attese come quello tra Iren (controllata da Genova, Torino e i Comuni emiliani) e Atena Vercelli, in cui l'anno scorso ha incrementato il proprio peso dal 40% al 60%. Allo stesso tempo, A2A ha giù individuato nuovi target, sempre ricalcando il modello – più volte ribadito dal management – della “Multiutility dei Territori”, che come obiettivo non ha quello di rilevare sic et simpliciter altre imprese ma quello di mettersi in rete con loro valorizzando i rispettivi punti di forza. L'idea, adesso, è quella di aggregare altre quattro multiutility in Lombardia: Aevv (Azienda Energetica Valtellina Valchiavenna), Lario Reti Holding (Lecco e provincia), Aspem Varese e Acsm Agam (Monza e Como). Con quest'ultima, l'anno scorso, era peraltro andato a vuoto – dopo un lunghissimo dibattito nel consiglio comunale di Como – un tentativo di integrazione, sempre promosso da A2A. Ora i presupposti per un maxi accordo sembrano più concreti: il 30 settembre scadono i termini per il negoziato in esclusiva e, in quel momento, si farà il punto sui progressi fatti e su eventuali piani da sottoporre ai soci. Senza dimenticare, ovviamente, altre acquisizioni – di dimensioni più ridotte – già messe a segno dal gruppo, per esempio nella filiera ambientale o nell'efficienza energetica.
Anche Iren, intanto, non sta a guardare: a fine giugno ha presentato un'offerta per la privatizzazione di Acam La Spezia mentre, poco prima dell'estate, si era scontrata col muro politico genovese sul salvataggio di Amiu, società della nettezza urbana locale in fortissima crisi di liquidità, per la quale Iren stessa aveva messo a punto un importante piano di sviluppo.
E le altre ex municipalizzate? Hera già da diverso tempo si muove con la politica dei piccoli passi, in particolare sia verso Nord Est, dove ha rilevato Acegas-Aps (Padova e Trieste) e Amga (Friuli) sia sulla dorsale adriatica, per esempio con la Julia Servizi di Giulianova. Meno vivace, invece, la romana Acea, che negli ultimi mesi ha puntato prevalentemente sul settore idrico ma ha visto sfumare, proprio a fine maggio, l'acquisizione del 100% di Idrolatina da parte di Acea.
Accanto al trend delle aggregazioni, ce n'è un altro che ha preso piede: il progressivo alleggerimento dei Comuni azionisti nel capitale col possibile abbattimento del “tabù” del controllo pubblico al 50%. In A2A, ad oggi i Comuni di Milano e Brescia detengono con quote paritetiche il 50% più due azioni ma i sindaci hanno rinnovato il patto di sindacato vincolando solo il 42%: in futuro quindi c'è l'ipotesi di una vendita di azioni (in particolare per Brescia). A fine giugno, le amministrazioni socie di Hera hanno venduto l'1,7% del capitale scendendo così sotto il 50% (ma c'è il meccanismo del voto maggiorato); inoltre resta un altro 10,7% svincolato dal patto e quindi cedibile. E sempre a maggio scorso, Parma e Reggio Emilia – per fare cassa – hanno messo sul mercato il 2% di Iren.
© RIPRODUZIONE RISERVATA