L'Italia è una fabbrica di talenti, che però non utilizza come potrebbe. E' il quadro che emerge dallo studio del World Economic Forum sul Capitale Umano, in cui passa in rassegna 130 Paesi. L'Italia è al 35esimo posto nella graduatoria ed è preceduta, tra gli altri, da Cina, Malaysia, Bulgaria e Polonia. A guidare la classifica - come spesso accade in materia di competitività - sono Norvegia, Finlandia e Svizzera. Nella 'Top 10' ci sono anche Usa, Danimarca, Germania Nuova Zelanda, Svezia, Slovenia e Austria.
Il ranking si basa su quattro fattori: la capacità di formare il capitale umano, il suo utilizzo nel lavoro, lo sviluppo effettivo del capitale umano tramite l'istruzione e la formazione professionale e, infine, il know how, ovvero la disponibilità di lavoratori qualificati e la complessità dell'economia. Secondo il rapporto l'Italia sviluppa solo 67% del suo capitale umano, che è comunque sopra la media globale (62%), anche se lontano dai Paesi al top (77%). La Penisola si distingue quanto a know-how, dove figura 23esima. Indietro tutta, invece, per il 'dispiegamento' dei talenti, con un 107esimo posto su cui pesano il basso tasso di partecipazione della forza lavoro, il divario di genere nell'occupazione (ovvero la bassa presenza femminile) e i tassi di disoccupazione e sotto-occupazione. Va decisamente meglio se si considera la capacità di formare i talenti, con un 41esimo posto che si basa sui tassi di alfabetizzazione e di conseguimento dei vari livelli d'istruzione.
Ma l'Italia ha un posto di rilievo anche nella formazione del capitale umano, con un 28esimo posto, che riguarda sia la qualità complessiva del suo sistema scolastico, sia i tassi di iscrizione ai vari ordini di scuola che, soprattutto, le competenze dei suoi laureati (15esimo posto). Secondo il rapporto, l'incapacità dei Paesi di sviluppare al meglio i propri talenti è al centro del dibattito sulle ineguaglianze. Se gli investimenti nell'istruzione non si traducono in opportunità di lavoro di alta qualità si contribuisce infatti alle disparità di reddito e si blocca l'inclusione sociale. Spesso, inoltre, gli investimenti nell'istruzione non danno i risultati sperati perchè non prendono in considerazione abbastanza la formazione continua o perchè le competenze non corrispondono alle richieste del mercato del lavoro.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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