
La montagna rischia di partorire un topolino. Annunciata come la più grande Ipo della storia, la quotazione di Saudi Aramco forse non sarà cancellata, ma a questo punto è sempre più probabile che i piani non saranno rispettati: sui listini internazionali lo sbarco potrebbe essere rinviato oltre il 2018 – o addirittura non avvenire affatto – mentre si rincorrono voci insistenti sulla possibilità di un «private placement», che vedrebbe in prima fila investitori cinesi.
Pechino – attraverso un consorzio di società statali guidato da PetroChina e Sinopec, col sostegno del fondo sovrano e di diverse banche – avrebbe offerto di rilevare fino al 5% della compagnia saudita secondo fonti Reuters, in pratica l’intera quota destinata alla borsa, da cui Riad punta a ricavare 100 miliardi di dollari: una cifra enorme, che assegnerebbe all’intera Saudi Aramco una valutazione di 2mila miliardi e che la maggior parte degli analisti considera un obiettivo inverosimile (secondo stime più realistiche l’Ipo potrebbe fruttare la metà).
Un accordo coi cinesi potrebbe tentare l’Arabia Saudita, che nel Paese asiatico – ormai primo importatore di petrolio al mondo – sta perdendo quote di mercato, a vantaggio soprattutto di Russia e Iran. Scegliere questa strada, abbinata magari a una quotazione solo sul listino saudita, consentirebbe inoltre di minimizzare gli obblighi di trasparenza e adeguamento contabile. Avere Pechino come unico partner d’altra parte sarebbe anche un rischio.
Per il Financial Times, il primo a scrivere che Riad sta valutando se rinunciare all’Ipo internazionale, ci sono contatti anche con fondi sovrani e investitori istituzionali di altri Paesi. La stessa Reuters riferisce di un interesse da parte di fondi sovrani di Russia, Corea del Sud e Giappone.
«L’articolo dell’Ft è interamente speculativo – ha replicato Saudi Aramco via Twitter nel fine settimana – Tutte le borse sono prese in esame per una decisione ottimale. Il processo per l’Ipo procede secondo i piani per il 2018». Una precisazione simile è arrivata per bocca di un addetto stampa: «Continuiamo ad esaminare attivamente una serie di opzioni per il collocamento pubblico di Saudi Aramco. Non è stata presa nessuna decisione e l’Ipo procede secondo i piani».
In entrambi i casi tuttavia si tratta di mezze smentite, che non escludono la possibilità di un rinvio o di una cancellazione tout court dello sbarco su listini liquidi e prestigiosi come quelli Londra e New York. Pare che la famiglia reale saudita abbia una preferenza per il secondo, mentre gli advisor di Saudi Aramco starebbero premendo per la capitale britannica.
A parte le richieste di trasparenza, entrambe in realtà porrebbero dei problemi ed è forse per questo che la decisione tarda ad arrivare, col rischio di aprire l’iter troppo tardi per farcela entro il 2018.
Gli Usa di Donald Trump oggi hanno una legge che consente di chiedere risarcimenti a Riad per gli attentati dell’11 settembre 2001. In Gran Bretagna oltre alla Brexit pesano le polemiche contro l’autorità di mercato, la Fca, accusata di aver “ammorbidito” i requisiti per le Ipo di società statali proprio per favorire Saudi Aramco.
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