I dati di raccolta di questi mesi identificano i piani individuali di risparmio come un fenomeno di successo e le ragioni sono note: l'appealing del beneficio fiscale di non pagare imposte sulle plusvalenze, per chi detiene gli strumenti in portafoglio per cinque anni; una correzione rispetto alla “dispersione” internazionale degli investimenti degli italiani e la conseguente diversificazione degli investimenti in imprese italiane di dimensioni ridotte ma in crescita. In attesa di cogliere i benefici economici, nei conti di queste aziende, sono già evidenti quelli sui corsi borsistici: un mese fa Equita aveva stimato in quasi un miliardo gli investimenti nelle società italiane quotate sull'Aim e sullo Star, spingendo questi indici a performance decisamente superiori del listino principale milanese. Il secondo ora citato ha guadagnato circa il 40% da inizio anno contro la metà del Ftse Mib. In questo clima idilliaco sarebbe irragionevole cercare a ogni costo gli aspetti negativi, anche se il rischio che i Pir vengano sottoscritti da soggetti con una propensione al rischio azionario non adeguata è concreta.
C'è tuttavia un aspetto da non trascurare, soprattutto in questa fase finale dell'anno, caratterizzata dalla definizione della manovra. La Relazione tecnica di accompagnamento alla legge di bilancio 2017 che dava il via ai Pir, calcolava in poco più di 100 milioni di euro il minor gettito atteso causato dall'agevolazione fiscale, sulla base di una raccolta ipotizzata in 15 miliardi nel quinquennio. Le stime ora riviste indicano in 70 i miliardi di raccolta, il che ipotizza il minor incasso per l'Erario all'incirca quadruplo. Con un impatto non indifferente per i conti pubblici. Non a caso, nelle ultime settimane, era emersa - per poi rientrare - l'ipotesi di fare cassa introducendo l'imposta di bollo anche sulle polizze di Ramo I e V, gli unici strumenti finanziari uniche finora esenti. È evidente tuttavia che il beneficio di medio lungo termine sarà ben superiore al minor introito nel breve. Schiavo è lo Stato che non sa o non saprà rinunciarci. Perchè nessun risultato diventa cospicuo nel lungo termine senza utilizzare in modo adeguato la leva fiscale. La lezione del Pir è da leggere, in questo senso, anche in altri comparti produttivi: per trasformare - non solo come battuta - il Pir in Pil.
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