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La digitalizzazione non sostituirà i bancari

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La digitalizzazione non sostituirà i bancari

  • –Cristina Casadei

Se è vero che le persone si spostano seguendo flussi sempre più difficili da codificare e attirare e sembrano prediligere la vita un tocco e via, l’impresa, soprattutto quella bancaria, con la sua forte connotazione tecnologica, non può non tenerne conto. La via italiana della trasformazione digitale dello sportello, però, non si è concretizzata solo in piani di uscite, ma anche in molti investimenti sulla struttura e sulla riqualificazione dei lavoratori.

L’ultimo rapporto di Abi Lab ha messo in luce che per il 90% delle banche il budget Ict è costante o in crescita. La multicanalità fa sì che il cliente usi sempre meno soldi fisici e faccia molte operazioni da solo, ma ha generato un forte bisogno di assistenza. Non è un caso che nelle filiali dove l’attività di cassa è ridotta ai minimi termini, vicino ai bancomat intelligenti, in orario di apertura, ci sia spesso un bancario a soccorrere i clienti meno evoluti. O che il bancario si possa incontrare su una chat dedicata per avere una consulenza su investimenti, beni e servizi. E che debba pensare a riqualificarsi in un mondo dove le filiali e i lavoratori sono sempre di meno. Dal 2000 ad oggi, dalle banche, sono usciti, attraverso il fondo di solidarietà, quasi 67mila lavoratori e ne sono entrati oltre 17mila grazie al Fondo per l’occupazione. Questa staffetta generazionale, determinata in larga misura dai piani di crisi degli istituti è stata, in una certa misura contenuta, proprio dal ricorso ai piani di riqualificazione dei lavoratori. La conferma arriva, ancora una volta, dal rapporto di AbiLab che conferma la forte attenzione delle banche italiane a iniziative di formazione sul digitale per il personale non It: 6 banche su 10 la definiscono una priorità. Solo per citare un esempio e per capire come questo si possa declinare in azienda, il gruppo Intesa Sanpaolo, lo scorso anno, ha fatto quasi un milione e 100mila giornate di formazione dedicate ai 65mila lavoratori italiani.

Il digitale ha reso i processi più semplici e avviato un cambiamento senza ritorno nel cliente finale, sia esso l’impresa o la famiglia. Di forum in forum, i grandi gruppi raccontano ai clienti la trasformazione It e l’innovazione delle banche che passa attraverso le app, le piattaforme e i prodotti che rendono la vita fluida e possono essere usati ovunque ci si trovi: basta uno smartphone e soprattutto basta un tocco per comprare beni e avere servizi, senza toccare il denaro e senza spostarsi. Dal divano, dalla metropolitana, dal treno, si può fare ciò che un tempo imponeva code e spostamenti.

La trasformazione digitale in banca, inevitabilmente, si incrocia con il tema dell’occupazione e qualche preoccupazione la genera tra gli oltre 300mila bancari. A stemperarla, però, è l’approccio tutto italiano alla sua gestione, fatto di molta condivisione tra le parti sociali. Dall’Abi, a più riprese, sono usciti messaggi rassicuranti sul fatto che le macchine non potranno sostituire i lavoratori e la robobanca avrà bisogno dei bancari, diversamente da quanto sostengono i banchieri di altri paesi (si veda l’altro pezzo in pagina). Dall’altro lato, sul tema della trasformazione digitale il sindacato ha sempre avuto un approccio proattivo.

Che «il modello della banca online deve essere condiviso dalle parti sociali» il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, lo aveva detto un paio di anni fa, proponendo all’Abi di istituire una commissione paritetica ad hoc sulle nuove tecnologie. Compito della struttura codificare i profili professionali coerenti con la nuova organizzazione del lavoro imposta dalla tecnologia e studiare percorsi di formazione, per mantenere i livelli occupazionali. Nel frattempo il mondo bancario è stato attraversato da più di uno tsunami e la commissione è stata rimandata verosimilmente al prossimo rinnovo contrattuale. Certamente la categoria dove l’80% dei lavoratori ha in tasca la tessera del sindacato chiede cautela quando si parla di tagli e piani condivisi. Agostino Megale, segretario della Fisac Cgil, dice che «non bisogna drammatizzare il cambiamento pensando ai posti di lavoro che verranno meno. La sfida della banca digitale è anche la sfida della banca al servizio del paese e dei clienti, con più servizi che già sono stati sperimentati. Questo porterà non tanto verso i tagli ma verso la riqualificazione delle persone. Abbiamo già esempi di grandi piani di riqualificazione che sono andati a buon fine e che possono costituire un modello. Vecchi lavori scompaiono, ma poi ne nascono di nuovi».

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