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Oro contro Bitcoin: per qualcuno è già sfida

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Oro contro Bitcoin: per qualcuno è già sfida

Molti lo accostano ai tulipani, protagonisti della prima bolla speculativa nella storia. Ma per altri il Bitcoin potrebbe essere l’erede dell’oro: un erede scalpitante, al punto che avrebbe già cominciato a fare concorrenza al lingotto, come bene rifugio e come riserva di valore.

Direzioni opposte

Con la risalita dei tassi di interesse il lingotto ha perso smalto. Le quotazioni registrano tuttora in rialzo dell’11% da inizio anno, ma da oltre un mese – nonostante il moltiplicarsi di misteriosi «flash crash» – sono intrappolate in una banda di oscillazione ristretta, tra 1.260 e 1.290 dollari l’oncia, mostrando il più basso livello di volatilità dal 2001: una situazione che non piace né ai piccoli risparmiatori, spaventati dalle improvvise inversioni di rotta del mercato, che si stanno verificando sempre più spesso, né agli hedge funds, che invece trovano le migliori opportunità di trading proprio nella volatilità.

Nel terzo trimestre la domanda di oro è crollata ai minimi da 8 anni, anche a causa di un assottigliarsi dei flussi di investimento in Etf, che nel 2017 secondo il World Gold Council si sono ridotti a «una frazione» rispetto a quelli dell’anno scorso: a tirare è rimasta soltanto l’Europa, mentre in Asia prevalgono i riscatti.

Tutta un’altra storia per il Bitcoin, che fa impazzire gli speculatori grazie alla capacità di impennarsi (e di precipitare) anche del 30% in un paio di giorni, come si è visto questa settimana: dopo un crollo drammatico nello scorso week-end, il prezzo è già tornato a superare 7.200 dollari, a poche lunghezze dal record storico di 7.447 $ raggiunto il 5 novembre. Nonostante le violente oscillazioni il suo valore è aumentato di quasi il 650% nel 2017.

Cambio di cavallo?

Alcuni investitori potrebbero essere stati tentati dal cambiare cavallo, abbandonando (almeno in parte) l’oro per il Bitcoin. L’ipotesi è tutta da dimostrare, ma c’è chi comincia ad additare qualche riscontro empirico.

Venerdì ad esempio l’oro ha perso oltre l’1% in una decina di minuti a causa di un improvviso ordine di vendita da ben 4 milioni di once al Comex, che non sembra trovare alcuna giustificazione nella pubblicazione di dati o notizie di alcun genere. Nello stesso arco di tempo – come ha evidenziato il noto blog finanziario Zero Hedge – anche il Bitcoin si è mosso in modo altrettanto violento e improvviso, ma al rialzo.

Anche Google Trends ha messo qualche pulce nell’orecchio: a ottobre per la prima volta i termini di ricerca «comprare Bitcoin» hanno superato «comprare oro», un evento che BullionVault mette in relazione con il crollo di un terzo dei quantitativi di oro scambiati sulla sua piattaforma, rispetto alla media dei 12 mesi precedenti.

«Alcuni investitori sono distratti dal rumore che si sta creando intorno al Bitcoin e alle criptovalute e questo ha portato a un ridotto interesse nei confronti dell’oro, il più debole dalla fine del 2015», afferma Adrian Ash, head of research di BullionVault, pur riconoscendo un ruolo importante anche ai continui record dei listini azionari.

L’ipotesi viene respinta da altri esperti, tra cui George Milling-Stanley, head of gold investments di State Street Global Advisors: «Ho parlato con tanti consulenti finanziari e investitori e nessuno mi ha detto che sta vendendo oro per acquistare Bitcoin. È un mito di proporzioni epiche, come quello sulla presenza di alligatori nelle fogne di New York».

Criptovalute in ascesa

Potrebbe essere solo una coincidenza che il boom delle monete digitali avvenga in parallelo a una fase di debolezza dell’oro. Di certo comunque le criptovalute non sono più un fenomeno di nicchia, isolato rispetto ai mercati finanziari.

Ogni giorno ci sono scambi per un controvalore di circa 750 milioni di dollari, scrive il Wall Street Journal. E proprio ieri la capitalizzazione totale delle monete digitali ha raggiunto il record storico di 217,1 miliardi di dollari, secondo CoinMarketCap.

Il Bitcoin da solo fa quasi 120 miliardi, all’incirca quanto il valore di borsa di McDonald’s e più di quello di molti colossi bancari, tra cui Goldman Sachs e Morgan Stanley.

Ma soprattutto è cambiato il suo status: da denaro alternativo, riservato a fanatici di tecnologie e reti di criminali, è diventato un asset di investimento a pieno titolo (per quanto ad alto rischio), che inizia a interessare anche ai big della finanza.

Il Cme si appresta a varare i primi futures sul Bitcoin a dicembre, offrendo non solo una maggiore legittimità alla criptovaluta (molti fondi non sono autorizzati a investirvi), ma anche – aspetto non trascurabile – l’opportunità di andare “corti”, ossia di scommettere su eventuali ribassi di prezzo. Il Cboe quoterà delle opzioni sul Bitcoin.

In seguito a questi annunci, una delle maggiori società di hedge funds del mondo, Man Group, con asset in gestione per oltre 100 miliardi di dollari, è venuta allo scoperto:  «Concettualmente le valute digitali sono una cosa interessante – ha dichiarato il ceo Luke Ellis alla Reuters – Oggi non fanno parte del nostro universo di investimento ma se c’è un future al Cme potrebbero entrarci».

Anche Goldman Sachs – che pure in un report ha sconsigliato di considerare le criptovalute come «il nuovo oro» – inizia ad accostarsi a questo mondo: «In risposta all’interesse dei clienti stiamo esplorando come servirli meglio in questo settore», ha affermato un portavoce della banca, confermando indiscrezioni di stampa.

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