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Bce: ripresa robusta ma c’è bisogno del Qe

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Bce: ripresa robusta ma c’è bisogno del Qe

(Reuters)
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FRANCOFORTE - Una netta revisione al rialzo delle previsioni di crescita per l’Eurozona non ha modificato la convinzione del consiglio della Banca centrale europea che una «ampia dose di stimolo monetario» sia ancora necessaria. Anche perché, se le previsioni di inflazione sono state a loro volta ritoccate e indicano, per la prima volta, che nel 2020 questa arriverà all’1,7%, l’obiettivo di stare «sotto ma vicino al 2%» non può considerarsi ancora raggiunto.

Il presidente, Mario Draghi, nell’abituale conferenza stampa seguita alla riunione di consiglio, ha ricordato che, se la revisione delle stime sul futuro dell’economia va «nella giusta direzione», il mandato della Bce è la stabilità dei prezzi, non la crescita o l’occupazione, che pure sta migliorando. E gli economisti della banca hanno invece abbassato le previsioni 2017 e 2018 sull’inflazione di fondo, depurata dalle voci più volatili (prezzi di petrolio e alimentari), cui il consiglio guarda con crescente attenzione, e i salari, la componente più importante, non stanno per ora rispondendo secondo le aspettative.

La crescita dell’Eurozona è attesa ora al 2,4% quest’anno, al 2,3% l’anno prossimo (un rialzo di mezzo punto percentuale rispetto alle previsioni di settembre) e all’1,9 e 1,7% nei due anni successivi. Ieri gli indici Pmi per novembre, elaborati da Ihs Markit e molto seguiti dai mercati, hanno mostrato un ulteriore rialzo con un impulso particolarmente vigoroso dal settore manifatturiero, che è ai massimi dall’inizio del millennio. L’inflazione dovrebbe situarsi a 1,5% nel 2017, 1,4% nel 2018 (contro una previsione prevedente di 1,2) per salire a 1,5 nel 2019 1,7% nel 2020. Più del singolo numero, ha osservato Draghi, importante la forza con cui si riporterà verso l’obiettivo.

A questo proposito, il capo della Bce si è detto oggi «più fiducioso» della convergenza dell’inflazione, ma ha affermato che il consiglio non concorda con l’opinione del governatore della Banca d’Olanda, Klaas Knot, secondo cui il programma di acquisti di titoli, il Qe (che da gennaio verranno ridotti da 60 a 30 miliardi di euro mensili), «ha fatto il suo corso». I progressi dell’inflazione devono essere in grado di sostenersi da soli, senza la spinta della politica monetaria e questa, ha detto il banchiere centrale italiano, ha accompagnato prima la ripresa e ora l’espansione, adattandosi al fatto che la crescita è ora più solida e più diffusa, ma è ancora necessaria.

Del resto, la decisione di dimezzare il Qe è venuta solo un mese e mezzo fa, ha ricordato Draghi, sottolineando che non c’è alcun cambiamento né nel linguaggio della dichiarazione del consiglio, né nelle intenzioni. Alcuni consiglieri, fra cui lo stesso Knot e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, avevano sostenuto che fosse opportuno dare un segnale sulla conclusione del programma di acquisti, che è stato esteso alla riunione precedente fino a settembre 2018. Non abbiamo discusso né un’interruzione brusca, né una riduzione graduale dopo quella data, ha affermato Draghi. Nel corso dei prossimi mesi tuttavia, è probabile che la Bce dia qualche indicazione più precisa in proposito, come ha riconosciuto implicitamente il suo presidente, quando ha detto che da qui in avanti acquisterà maggiore importanza la “forward guidance”, cioè le indicazioni prospettiche sul futuro della politica monetaria e in particolare sui tassi d’interesse. Per il momento, comunque, la Bce tiene la rotta tracciata a ottobre. Draghi ha anche ricordato gli altri elementi dello stimolo, cioè le dimensioni del bilancio della Bce, dopo acquisti già realizzati per 2.300 miliardi di euro, e il reinvestimento dei titoli a scadenza.

Draghi ha invece voluto minimizzare il caso Steinhoff, il gruppo di cui la Bce ha comprato obbligazioni, crollate dopo il declassamento a junk bond: le perdite sono molto piccole, molti inferiori alle cifre circolate e una minima frazione dell’utile netto prodotto dalle operazioni della Bce nell’ultimo anno. Altre banche centrali, ha detto, sono meno trasparenti della Bce, in quanto non pubblicano i nomi degli emittenti dei bond che acquistano. I criteri di gestione del rischio stanno comunque funzionando molto bene, ha tenuto a sottolineare.

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