L’America di Donald Trump ha forse messo in disparte la lotta al cambiamento climatico, la protezione dell’ambiente e la sostenibilità dello sviluppo. Ma non tutta l’America è con Trump, neppure quando si tratta di grandi investitori e del settore energetico.
Il caso di ExxonMobil è emblematico: il colosso petrolifero, che ha fornito all’amministrazione in carica il Segretario al tesoro Rex Tillerson, ha deciso ieri di svoltare, tenendo conto delle pressioni crescenti dei critici. Ha annunciato che d’ora in avanti pubblicherà con il suo bilancio nuovi dettagli legati al potenziale impatto dell’effetto serra sul business.
La nuova “disclosure” non è avvenuta del tutto volontariamente: numerosi gruppi e associazioni hanno mobilitato anno dopo anno soci in seno all’assemblea per battaglie delle deleghe sull’ambiente. L’atto, nelle intenzioni dei vertici aziendali, dovrebbe ora scongiurare una nuova proxy fight sempre più difficile da gestire in occasione della prossima assemblea annuale.
Nella sua comunicazione alle autorità di regolamentazione, la Exxon ha indicato che renderà note agli investitori informazioni sulla «sensibilità della domanda di energia e le implicazioni degli scenari da due gradi Celsius», vale a dire sul rischio di un riscaldamento che viene ritenuto da molti scienziati una soglia di grave allarme. E, ha aggiunto, riferirà del suo «posizionamento per un futuro a basse emissioni» nocive.
La valutazione ora accettata implica costi eventualmente associati a imposte e tariffe sul fronte ambientale per ridurre anzitutto il rilascio di anidride carbonica nell''atmosfera, il grande colpevole del rischio di surriscaldamento del pianeta. Ma può avere conseguenza dirette sull’attività del gruppo, può diventare un barometro essenziale per giudicare se parti del suo portafoglio di asset siano economicamente giustificabili e economici o meno.
In un’anticipazione forse della mossa adesso arrivata, l’azienda quest’anno aveva già svalutato il 15% delle sue riserve, nei fatti riconoscendo che lo sviluppo di sabbie bituminose in canada era troppo caro - un costo notoriamente aggravato proprio dalle loro emissioni. Per la societa' si tratta tuttavia di una svolta formale che aveva finora apertamente resistito assai più di altre grandi rivali internazionali e in particolare europee, da Royal Dutch Shell a BP e a Total.
Thomas Di Napoli, il Comptroller dello stato di New York, authority finanziaria che è tra i leader della crociata sulla sostenibilità, ha accolto con favore la scelta, definendola una vittoria «per gli azionisti e per la capacità dell'azienda di gestire il rischio». Di Napoli era anche tra i co-sponsor di mozioni da presentare in assemblea per dare battaglia.
Altri fondi attivisti sono rimasti più prudenti, affermando che prima di esprimersi intendono vedere quali dettagli e informazioni l’azienda davvero fornirà.
Nell'ultima assemblea annuale di Exxon proprio una mozione non vincolante che chiedeva la preparazione di uno speciale rapporto annuale sul cambiamento climatico aveva gia' ottenuto il 62% dei consensi nonostante l'opposizione dei vertici di Exxon. La mozione era stata appoggiata anche da giganti dell'alta finanza del calibro di BlackRock e di Vanguard Group.
La campagna per rendere le società dell'energia più sensibili su scala globale non si arresta. Oltre 225 istituzioni, da HSBC Global Asset Management al leader dei fondi pensione, il californiano Calpers, hanno sottoscritto di recente l’iniziativa Climate Action 100+, secondo una stima riportata dal Financial Times.
Nel mirino sono finite società considerate responsabili di due terzi di tutte le emissioni industriali al mondo: accanto ai marchi del petrolio ci sono grandi gruppi manifatturieri i cui prodotti influiscono sull’effetto serra, quali le case automobilistiche.
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