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Brindisi di fine anno per lo shale oil Usa: la produzione è al…

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Brindisi di fine anno per lo shale oil Usa: la produzione è al record dal 1971

(Reuters)
(Reuters)

Gli Stati Uniti dello shale oil festeggiano la fine dell’anno con nuovi record per la produzione e l’export di petrolio. Le statistiche per il mese di ottobre lasciano a bocca aperta. Nonostante l’impatto dell’uragano Nate – che aveva paralizzato raffinerie e piattaforme del Golfo del Messico – gli Usa hanno estratto 9,64 milioni di barili di greggio al giorno, 167mila in più rispetto al mese precedente e il massimo da maggio 1971: un successo dovuto soprattutto ai forti aumenti produttivi in Texas, che hanno compensato le perdite offshore.

Anche la produzione di gas, spesso associata a quella di greggio, è stata da primato a ottobre: 93,1 miliardi di piedi cubi. Ma non è tutto. I dati più sorprendenti nel rapporto dell’Energy Information Administration (Eia) sono probabilmente quelli sull’export.

Washington ha esportato 1,73 mbg di petrolio grezzo (con la Cina che per la prima volta ha scavalcato il Canada, diventando il maggiore acquirente) e 5,4 mbg di prodotti raffinati e altri combustibili liquidi, riducendo ai minimi storici la sua dipendenza dall’estero: le importazioni nette sono crollate ad appena 2,5 mbg.

Un altro risvolto positivo è stata la riduzione delle scorte, che sono scese a 1,9 miliardi di barili, il minimo da luglio 2015.

Il calo, avvenuto anche grazie alla maggiore domanda interna (+0,8% annuo, a 19,8 mbg), è stato il più marcato da dicembre 2009, ben 35 mb in un mese, e non è passato inosservato. Al contrario, è stato probabilmente cruciale per il recupero delle quotazioni del barile.

Il rally è proseguito anche ieri e il Wti ha chiuso il 2017 a 60,42 dollari, il massimo da due anni e mezzo. Il Brent ha concluso a 66,87 dollari, in rialzo del 17% da gennaio.

Ma a questo punto diventa difficile parlare di successo dell’Opec.

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