La Cina ha appena approvato le nuove regole per il trading obbligazionario. Con l'obiettivo di ridurre il “leverage”, il ricorso al debito come fonte di finanziamento. E per vietare le operazioni di shadow banking, le transazioni al di fuori dei canali ufficiali. Le nuove regole varate dalla People Bank of China, la banca centrale, e dall’agenzia governativa China banking regulatory commission (Cbrc), la “Consob” cinese, sono parte delle politiche intraprese da Pechino per tentare di ridurre l'indebitamento e rafforzare la stabilità del sistema finanziario. Da ora in poi, banche, società finanziarie, fondi e assicurazioni potranno siglare contratti solamente in forma scritta per le operazioni “short” di pronti contro termine (Repo), o per le transazioni con i derivati. Le autorità cinesi cercano di vietare con le nuove regole - appena pubblicate sul sito della banca centrale - l’utilizzo di una popolare pratica di transazione finanziaria molto in uso in Cina, chiamata “daichi”. Sorta di riacquisto obbligazionario con un accordo a parole, senza nulla di scritto. Ora dovrà essere tutto tracciato. Tutto dovrà rientrare nei radar delle autorità monetarie. O, almeno, così si spera. Ogni altra operazione finanziaria sul mercato dei bond immaginata per aggirare le normative è vietata. Le nuove regole impongono inoltre a tutte le istituzioni finanziarie l’obbligo di riportare periodicamente i volumi delle transazioni in bond quando eccedono un certo limite (80% degli asset per le banche, 20% per le assicurazioni, 120% per società finanziarie e fondi d'investimento).
Le autorità cinesi vogliono evitare che si ripetano scandali come quello di Sealand Securities, la mid-cap cinese che a fine 2016 non riuscì ad onorare un buy-back obbligazionario per 2,4 miliardi di dollari, seminando il panico nel paese e, a catena, sui mercati finanziari mondiali.
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