Finanza & Mercati

Se la Borsa supera il Pil c’è poco da festeggiare

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L'Analisi|ECONOMIA E FINANZA

Se la Borsa supera il Pil c’è poco da festeggiare

Il 2017 è stato un altro anno record per le Borse e gli altri mercati mobiliari mondiali. E fa effetto sapere che proprio grazie alla Borsa, i primi 70 miliardari del mondo hanno visto salire il loro patrimonio di oltre mille miliardi di dollari in 12 mesi.

Si tratta di quasi 100 miliardi di dollari a testa in più: nel complesso, i 500 personaggi più ricchi del pianeta hanno ora un patrimonio complessivo di 5.300 miliardi di dollari, una cifra abnorme se si pensa che bastano i patrimoni dei primi 5-6 uomini d'oro per superare la ricchezza complessiva di oltre 3,5 miliardi di persone.

Ma questo non è l'unico dato eclatante offerto dall’analisi dell'andamento delle Borse. Quello più emblematico riguarda la capitalizzazione: alla chiusura dell’anno il valore globale delle azioni quotate sui mercati finanziari ammontava a quasi 80mila miliardi di dollari, il massimo di tutti i tempi. Da inizio 2017 la capitalizzazione è aumentata di oltre 12mila miliardi di dollari a quasi 80mila miliardi di dollari, un valore impressionante se paragonato a inizio 2009: nel bel mezzo della crisi finanziaria culminata con il crollo di Lehman, la capitalizzazione scivolò a 31mila miliardi, più del 60% in meno dei valori attuali. Ma non è tutto ora quel che luccica.

Se a fine 2008 le Borse valevano meno della metà del Pil globale, ora celebrano il sorpasso: a fronte di una capitalizzazione di 80mila miliardi, il Pil globale - che a fine 2016 ammontava a 75.500 miliardi - dovrebbe aver raggiunto (a malapena) a fine dicembre scorso i 78mila miliardi di dollari, almeno sulla base delle stime del Fondo monetario internazionale. Per il 2017, infatti, gli economisti Fmi hanno previsto una crescita economica del 3,5%. Anche nell’attesa dei dati finali del Fondo, il sorpasso della speculazione sull’economia reale appare già scontato. E qui torna a galla quanto avvenne a fine 2007: Anche allora, infatti, le Borse superarono il Pil mondiale (60mila miliardi contro 58mila), ma quella che ne seguì non fu una semplice correzione bensì una tempesta finanziaria che in 12 mesi spazzò metà del valore delle azioni. Le suggestioni aumentano se si pensa che oggi, come allora, i mercati azionari sono reduci da nove anni consecutivi di rialzi. Il dato spaventa un po' gli amanti delle statistiche perché ricordano che di solito i cicli positivi durano otto anni, dopodiché i rischi di una correzione anche importante aumentano: se a ciò si aggiunge il fatto che il 2018 si è aperto con una nuova febbre speculativa che ha ulteriormente gonfiato le valutazioni azionarie, la ricetta del “pasticcio” è già sul tavolo.

Nessuno può dire con certezza se i mercati siano quindi destinati ora a un nuovo avvitamento da overdose di liquidità, ma la prudenza (e la passata esperienza) dovrebbero far riflettere: con il 2017, è la seconda volta nella storia che la finanza sorpassa l’economia reale. Se la speculazione prevale sulla creazione di ricchezza reale, le asimmetrie e l distorsioni tra i due mondi potrebbero diventare socialmente ed economicamente esplosive. E in questo caso, la corsa alla speculazione di Borsa è persino incentivata dalle Banche Centrali, memori degli errori commessi dalla Bce di Jean Claude Trichet che per fermare la corsa speculativa di quegli anni alzò i tassi di interesse alla vigilia della recessione e della crisi finanziaria. Comunque sia, puntare sulla rendita finanziaria è un diritto per chi ha soldi da investire. Ma se il rendimento speculativo viene garantito dai governi grazie ai soldi dei contribuenti (gli aiuti straordinari delle banche centrali, alla fine, chi li paga?), mentre il reddito industriale e quello da lavoro restano tassati alla morte, cade anche ogni speranza di un futuro migliore per il lavoro e per chi vive solo dello stipendio.

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