Gli Stati Uniti dello shale oil batteranno ogni record nel 2019, arrivando ad estrarre 11 milioni di barili di greggio al giorno, un livello di produzione mai raggiunto in precedenza e paragonabile solo a quello di Russia e Arabia Saudita.
La previsione è del Governo americano, che – evidentemente incoraggiato dal rialzo dei prezzi – dipinge scenari sempre più ottimisti per la sua industria petrolifera.
Il rally del barile non è stato peraltro disturbato dalle nuove stime di Washington. Brent e Wti hanno anzi accelerato la corsa, spingendosi a nuovi massimi triennali: 69,08 $ e 63,24 $ rispettivamente.
Secondo l’Energy Information Administration (Eia) la produzione Usa aumenterà di ben 970mila bg quest’anno (un mese fa l’incremento atteso era di 780mila bg) fino a una media di 10,27 mbg. L’anno prossimo un ulteriore balzo in avanti consentirà di raggiungere quota 10,85 mbg.
Il traguardo dei 10 mbg sarà raggiunto già nel corso di questo trimestre, quello degli 11 mbg verrà invece superato a novembre 2019, grazie soprattutto allo shale oil di Permian, ma anche ai giacimenti convenzionali del Golfo del Messico, dove è programma l’avvio di sette nuovi progetti estrattivi.
L’Eia diventa sempre più ottimista anche sulla domanda petrolifera, che a livello globale prevede crescere di 1,7 mbg sia quest’anno che il prossimo, in accelerazione rispetto al 2017, quando era salita di 1,4 mbg (a 98,4 mbg).
La conseguenza è che il prezzo del barile non crollerà, ma piuttosto si stabilizzerà: il Governo Usa vede il Brent a 60 $ nel 2018 e 61 $ nel 2019.
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