Un passo in avanti e tanta voglia di crederci. Il sistema italiano dell’arte potrebbe essere al suo giro di boa per competere con quello internazionale. Molti ingredienti ora ci sono: qualità degli artisti e delle opere, network internazionale di curatori e galleristi, musei di antico e contemporaneo finalmente in dialogo e aperti a rispondere alle domande di un pubblico che chiede cultura e relazioni, collezionisti autorevoli e generosi, istituzioni finalmente impegnate, una disponibilità di finanziamenti rinnovata e una cultura che cresce dal basso insieme ad una formazione che muove i primi passi verso l'aggiornamento.
Questo movimento lento, ma ci auguriamo inarrestabile, potrebbe cambiare il volto dell’Italia e porre l’arte e la produzione culturale con tutte le sue declinazioni e la sua interdisciplinarietà al centro della vita sociale del Paese.
Per questo analizzare gli ingranaggi, le resistenze e l’esclusività è fondamentale per porre mano con coscienza e senza secondi fini a qualsiasi miglioramento o modifica dell’attuale status quo normativo e fiscale. Sul fronte dell’impresa culturale è stato fatto un passo avanti, ma resta ancora da fare. È stato fatto un grande lavoro da parte della commissione Cultura della Camera che si è tradotto, dopo la falcidia della Commissione Bilancio, in una definizione. Sembra nulla ma in realtà è un passo importante: il riconoscimento delle Icc (Impresa culturale e creativa) non è cosa così scontata e rappresenta un lascito importante alla prossima legislatura. Con l’introduzione in Manovra poi di un credito di imposta, per quanto limitato, il segnale dell’importanza del settore culturale per l’economia nazionale diventa ancor più evidente.
In Italia le normative sull’arte si sono accumulate senza però creare un corpus organico che semplifichi le procedure di tutela, gestione e valorizzazione con un’agevolazione all’impresa culturale. D’altro canto anche la fiscalità ha inseguito l’arte per inseguirne il denaro sottostante, talvolta a buon diritto quando nasconde l’evasione, talaltro penalizzando un settore creativo che avrebbe invece bisogno di maggior fiducia e agevolazioni. Il sistema dell’arte non è un’industria come le altre, ma è un settore importante della vita sociale, culturale ed economica del Paese. Se siamo convinti di questo e osserviamo anche quanto fanno altri Stati come il Regno Unito e la Francia, tanto per non andare lontano, scopriamo che l’arte, la produzione culturale e il suo indotto rappresentano un motore per moltissime attività di sviluppo sociale ed economico. Una sorta di humus, di sperimentazione continua senza scopi immediati che produce innovazione, nuova ricchezza e welfare sociale. Ancora oggi l’industria tessile fiorentina è tributaria della grande pittura della sua città. Il quartiere South Bank di Londra cosa sarebbe oggi senza la Tate? Come mai i grandi centri di ricerca dal Cern al Mit di Boston e all’Harvard University hanno deciso di aprire spazi e laboratori per gli artisti? Perché l’arte crea valore.
Il Parlamento nel 2017 ha messo in fila una serie di interventi alcuni andati in porto come la legge 124 del 4 agosto 2017 che dovrebbe semplificare la circolazione internazionale dei beni culturali, ma è in attesa dei decreti attuativi; altre solo discusse come quella sui delitti contro il patrimonio culturale, che hanno posto al centro l’arte e la cultura. Speriamo che il prossimo governo faccia ulteriori passi in avanti e si impegni nelle politiche culturali.
Per aiutare a comprendere le dinamiche di un sistema complesso e non formalizzato il volume in edicola domani con Il Sole 24 Ore “Investire in arte” rappresenta una guida all’arte e al collezionismo. La guida pone l’accento sull’attuale mercato dell’arte e sul suo stato di salute con uno sguardo sull’arte italiana, individua i driver, i gate keeper e market maker del sistema. Aiuta a comprendere come si crea il valore dell’arte, come si costruisce, gestisce, conserva e pianifica il futuro di una collezione. E, infine, aggiorna gli aspetti legali e fiscali intervenuti nell’ultimo periodo.
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