Di necessità virtù. Le banche italiane non hanno risolto il problema delle sofferenze accumulate negli anni, però lo stanno affrontando. Tant'è che, secondo un test messo a punto dell'Area studi Mediobanca, su 414 banche analizzate, solo 38 nel 2016 sforavano tutti i parametri di rischio. Carige resta in black list anche dopo l’aumento di capitale, pur avendo migliorato la situazione. Salvataggi e aggregazioni dovrebbero aver dimezzato il numero delle bocciate nel 2017.
Il test
Quattro i parametri rivelatori di rischio. Il primo è il Texas ratio, che mette in relazione i crediti non performanti con il patrimonio netto tangibile: se il rapporto è superiore a 100 significa che le perdite potenziali sui prestiti andati male sarebbero in grado di mangiarsi l'intero capitale. Mediobanca ha contato 113 banche in questa situazione, il 27,3% del totale, pari al 31,8% del sistema considerando gli attivi di bilancio. Il secondo parametro è il cost/income ratio. Sono 91 gli istituti appesantiti da costi superiori al 90% dei ricavi, e dunque poco efficienti: si tratta del 22% dell'insieme delle banche italiane, pari al 29,2% del totale dell'attivo aggregato. Il terzo indicatore è una percentuale di non performing loans superiore al 20% del totale degli impieghi alla clientela (Npl ratio). Qui il numero lievita: sono 173 le banche con un ratio elevato, pari al 41,8% del totale e al 28,9% dell'attivo di bilancio complessivo. Segno che il problema riguarda soprattutto le banche di minori dimensioni. Infine, è stato misurato il rapporto tra i crediti deteriorati netti e il cet1 (parametro patrimoniale di vigilanza): 118 banche – 28,5% dell'insieme e 34,7% del totale dell'attivo complessivo - superano il 100%.
La pagella
Tirando le somme, 191 banche - il 46,1% del totale - passano il test a pieni voti; 87 (21%) sono rimandate in una materia; 35 (8,5%) in due; 63 (15,2%) in tre e 38 sono “bocciate” su tutti e quattro i fattori di rischio (9,2%).
Le pecore nere
Le 38 “pecore nere” - come valore mediano - mostrano un Texas ratio del 128,3%, cost/income ratio del 104,2%, Npl ratio del 28% e rapporto tra i crediti deteriorati netti e cet1 del 170,2%. Non a caso nell’elenco compaiono Carige, che ha dovuto affrontare una ricapitalizzazione d'urgenza a fine 2017, e Veneto banca e Popolare di Vicenza, le due Popolari venete finite in liquidazione coatta e “salvate” l'anno scorso da Intesa-SanPaolo. Etruria, Banca delle Marche e CariChieti sono rimaste in black list per gli Npl, anche dopo il bail-in. L'altra banca del quartetto, CariFerrara, ha solo un parametro “buono” - cost/income del 55% -, ma a fine 2016 aveva ancora un Cet1 negativo. Delle altre, più della metà è stata incorporata da un altro istituto, mentre una, Hypo Alpe Adria, ha chiuso tutte le filiali tranne la sede centrale.
Chi sbaglia paga
Avere la situazione crediti sotto controllo fa la differenza anche sul lato reddituale. Infatti le 38 banche della black list, che hanno un tasso di svalutazione crediti pari al 57,5% dei ricavi, riportano un Roe (return on equity) negativo del 15,5%. Per contro, hanno invece un Roe positivo del 3% le 191 banche “promosse”, con Texas ratio al 54,3%, cost/income ratio al 75,8%, Npl ratio all'11,9%, incidenza dei crediti dubbi netti sul core tier 1 del 42,1% e svalutazione crediti al 18,4% dei ricavi.
Le quotate
La “pecora nera” del drappello delle quotate è Carige che, anche ai dati aggioranti a fine settembre, sforava tutti i livelli di guardia. Dopo gli interventi di fine 2017 (ricapitalizzazione da mezzo miliardo e cessione di 1,2 miliardi di sofferenze lorde) si può stimare che il Texas ratio sia sceso dal 132,4% a circa il 110%, l'Npl ratio dal 32,3% a meno del 28%. Sei banche su 11 evidenziano un Texas ratio superiore al 100%: oltre a Carige, il valore più elevato è quello del Creval (127,2%). A seguire, Banco Bpm (116,6%), Mps (111,1%), Bper (104,9%) e Ubi, appena sopra con 100,7%. Delle altre cinque, il Credem vanta il ratio più tranquillizzante con 49,9%, Unicredit – che ha impostato una politica di smaltimento massiccio degli Npl – ha un Texas ratio del 61,5%, Intesa è al 74%, Popolare di Sondrio al 90,6%, Banco di Desio del 99,5%. Le stesse sei banche con Texas ratio superiore al 100% hanno crediti deteriorati netti superiori al Cet1. Stesso schieramento - con l'eccezione di Ubi che risulta invece a riguardo equilibrata - se si prendono le misure col metro dei crediti dubbi lordi sul totale dei crediti lordi alla clientela. Il peggior Npl ratio, in questo caso, è quello di Mps (37,2%), il migliore quello di Credem (5,8%). Il cost/income ratio è invece buono per tutte le quotate, con l'eccezione di Carige (106,1%) e Mps (93,7%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA