Pur nei mercati iper-tecnologici di oggi, mossi ormai più da algoritmi che da esseri umani, la psicologia ha ancora un suo peso. Così tanti ritengono che quando il rendimento dei titoli di Stato decennali americani supererà la soglia psicologica del 3%, rispetto all'attuale 2,91% e nonostante l’ondata di acquisti di venerdì, tornerà sufficientemente appetibile per attirare capitali in uscita dalle Borse. Ovviamente il 3% è un numero simbolico, non di per sé particolarmente significativo. Ma il tema della convenienza relativa, a prescindere dalle soglie più o meno psicologiche, potrebbe davvero presto diventare d'attualità: attualmente il “premio” delle azioni americane rispetto ai titoli di Stato è appena dell'1,66%, livello minimo dal 2010. Comprare azioni a Wall Street è dunque sempre meno conveniente, rispetto a titoli di Stato che iniziano ad offrire rendimenti più appetibili. Che sia al 3% o un po' oltre, poco importa dunque: a contare è il fatto che prima o poi le Borse potrebbero soffrire anche per l'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato.
Esiste un indice che calcola la convenienza relativa delle azioni rispetto ai titoli di Stato. Calcola lo «spread» tra il cosiddetto «earning yield (cioè quanti utili una società produce per ogni azione) e il rendimento dei titoli di Stato decennali Usa. Ebbene: attualmente le azioni offrono un rendimento (cioè un «earning yield) pari a 1,66 punti percentuali oltre il rendimento dei Treasury decennali. Un “premio” ben più basso rispetto a poco tempo fa: solo lo scorso settembre era pari a circa il doppio, a inizio 2016 era ben oltre i quattro punti percentuali e nel 2011 era quasi 11 punti percentuali. A quel tempo i rischi per chi investiva sui mercati azionari erano ben remunerati rispetto a chi preferiva i titoli di Stato Usa. Oggi molto meno. Questo potrebbe presto o tardi portare a una riallocazione dei capitali, fuori dai mercati azionari e verso i titoli di Stato Usa? Qualcuno lo pensa. Forse quando i Treasury decennali supereranno il 3%, forse dopo.
«Non credo che possa esistere un numero magico per far partire lo spostamento - osserva Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet Am -. Quello che potrebbe davvero cambiare i comportamenti degli investitori è il rendimento reale dei titoli di Stato: se salisse sopra l'1%, allora per il mercato azionario il contraccolpo ci sarebbe». Altri investitori guardano però con più apprensione la soglia del 3% di rendimento. «Su questi livelli relativi - osserva un operatore - bisogna capire se comprare azioni valga ancora la candela». Vero è che i bond sono ancora esposti al rischio di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve. Vero anche che i primi acquisti farebbero scendere i rendimenti rendendo i Treasury di nuovo meno appetibili. Ma il problema del travaso di capitali dal mercato azionario a quello dei titoli di Stato Usa potrebbe presto presentarsi.
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