Da alcuni è stato definito una piovra per la capacità di allargare i suoi interessi in ogni parte del mondo. Da altri è stato paragonato a un fondo locusta. In realtà, lo statunitense Elliott, guidato dal magnate Paul Singer, al di là dei confronti spesso azzardati, è capace di fare come pochi altri gruppi finanziari al mondo il suo mestiere: cioè il fondo attivista.
La battaglia più famosa del passato resta quella in Argentina contro il governo per il rimborso delle obbligazioni: il fondo Elliot aveva investito (comprando nel 2001 con un forte sconto, per un valore nominale di 630 milioni di dollari) sui Tango bond, poi finiti in default.
L’ingresso in Telecom Italia, con questa tempistica, non fa che confermare una voltà di più le sue capacità di leggere le singole situazioni. Lo scorso 28 luglio proprio Il Sole 24 Ore aveva anticipato le indiscrezioni su grandi manovre in corso da parte di hedge fund per rastrellare azioni di Telecom Italia e avviare quella che in gergo finanziario viene definita una «proxy fight». Vale a dire la “battaglia” attraverso la quale alcuni soci tentano di acquisire consenso per arrivare magari in assemblea e sfiduciare l’azionista di riferimento, in questo caso la francese Vivendi. Del resto, storicamente negli ultimi anni gli investitori istituzionali hanno raggruppato nelle assemblee Telecom posizioni importanti e il gruppo telefonico ben si adatterebbe a una strategia di questo tipo.
Resta da capire se il fondo Elliott vorrà fare il bis in Telecom Italia seguendo le orme di quanto sta già facendo in Ansaldo Sts. La battaglia legale tra Elliott e il colosso nipponico Hitachi su Ansaldo Sts dura ormai da oltre un anno. Elliott è sceso in campo, accusando Hitachi e Finmeccanica di collusione per aver artificialmente abbassato il prezzo di acquisto di Ansaldo per il ramo d’azienda in perdita Breda. Nel tempo, Elliott ha incrementato la sua partecipazione in Ansaldo al 22,5% del capitale, con la possibilità di acquistarne un altro 8,8%.
La Consob ha accertato che Hitachi e Finmeccanica hanno concordato l’operazione, e ha imposto al gruppo nipponico di alzare il prezzo dell’Opa. Hitachi, però ha presentato un esposto per l’annullamento della delibera della Consob. La questione è stata ora rinviata alla Corte di giustizia europea. Attualmente Hitachi controlla circa il 51% del capitale sociale di Ansaldo, mentre Elliott ne detiene il 31%, incluse le posizioni lunghe.
A fine dicembre erano usciti rumors su possibili prove di pace tra Elliott e Hitachi. Il fondo si sarebbe infatti detto disponibile a favorire un’Opa in Giappone nella quale è coinvolta Hitachi (quella sul gruppo Hitachi Kokusai) in cambio di una soluzione della controversia italiana su Ansaldo Sts. Da dicembre, però, su questo fronte, non si sono avuti sviluppi.
Ma non è tutto. In Italia la partita finanziaria con i maggiori echi resta quella sul Milan. Elliott ha infatti finanziato con 303 milioni l’acquisizione del club da parte dell’uomo d’affari cinese Yonghong Li: soldi che in parte sono finiti a Fininvest e in parte sono serviti per la campagna acquistidei giocatori rossoneri. Ora Elliott attende di essere rimborsato del suo prestito (più altri 70 milioni di interessi) entro ottobre. In caso contrario Elliott diventerà il nuovo proprietario del Milan.
Sempre sul suolo tricolore Elliott si sta mettendo in mostra per altre operazioni: quella ad esempio sul grand hotel Bauer di Venezia, realizzata assieme al partner Blue Skye. Ma il fondo è stato attivo anche su altri dossier: da Manutencoop fino al gruppo Maschio Gaspardo, importante produttore di attrezzature agricole. È sceso in campo anche su Alitalia, tranne poi ritirarsi dalla gara. Ora il dossier Telecom Italia potrebbe aprire un’altra contesa di grande intensità in Italia. E, secondo diversi addetti ai lavori, questa quota in Telecom sarebbe soltanto il primo passo.
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