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Astaldi rivede il piano: aumento di capitale da 300 milioni

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vendita ponte sul bosforo più vicina

Astaldi rivede il piano: aumento di capitale da 300 milioni

Agf
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Niente più strumenti finanziari ma un aumento di capitale più rotondo. Astaldi, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, è al lavoro con banche e advisor per rivedere i termini del piano di rafforzamento patrimoniale e finanziario. Come è noto la compagnia ha varato qualche mese fa un progetto da complessivi 400 milioni di euro: 200 milioni di iniezione di liquidità e altri 200 milioni tramite l’emissione di strumenti finanziari. Tuttavia la seconda componente sarebbe stata depennata dalla lista degli interventi da compiere. Allo stesso tempo si starebbe ragionando sulla possibilità di rendere più importante la parte in aumento di capitale. In particolare, l’obiettivo sarebbe di incrementare il valore della ricapitalizzazione fino a 300 milioni. La società, interpellata, non ha commentato.

Si tratta di un’operazione rilevante, stante soprattutto l’attuale capitalizzazione di Borsa di Astaldi: 250 milioni circa alle quotazioni di ieri. Una mossa che, nella sua dimensione complessiva, appare indispensabile per dare all’azienda quel profilo di solidità necessario per poter giocare sullo scacchiere internazionale. Di fatto due terzi dell’aumento di capitale serviranno per coprire la svalutazione compiuta sugli asset venezuelani. In Venezuela l’azienda aveva una posizione di circa 430 milioni tra crediti e lavori in corso e alla chiusura dei nove mesi si è calcolato di poter recuperare solo poco più di 200 milioni. Per questo è stata decisa una svalutazione di 230 milioni che ha sostanzialmente sterilizzato il rischio Venezuela ma che ora va ovviamente colmata.

Per farlo si è scelto di ricorrere all’aiuto dei soci che mettendo a disposizione risorse fresche daranno nuova linfa alla compagnia. Società che, al contempo, è impegnata a riscrivere anche il nuovo piano strategico e sta provando ad accelerare sulle dismissioni. A riguardo, la stampa internazionale ha recentemente scritto che la cessione della concessione del terzo Ponte sul Bosforo potrebbe essere più vicina, al punto che sarebbero già state raccolte le prime manifestazioni di interesse. Qualche tempo fa Astaldi ha ricordato che «il valore di libro dell’asset ammonta a 349 milioni di euro di cui 167 milioni relativi al valore della partecipazione iscritta in bilancio, e 182 milioni riferiti al credito relativo al prestito subordinato».

L’intera manovra, dall’aumento di capitale alle dismissioni, è volta naturalmente a promuovere il rafforzamento della struttura patrimoniale, passaggio che, come comunicato da Astaldi a suo tempo, è «finalizzato a porre la società nelle migliori condizioni possibili nel processo complessivo di rifinanziamento del debito a lungo termine, tramite l’allungamento delle scadenze oltre il 2022 e, subordinatamente alle condizioni di mercato, la riduzione del costo dell’indebitamento». Per comprendere di cosa si sta parlando basta guardare il bond da 700 milioni con scadenza al 2020, oggetto di revisione nel complesso piano di rafforzamento: l’emissione prezza attorno ad 81 e ha un rendimento prossimo al 16%. È evidente che, stante un simile costo, il mercato del debito è di fatto chiuso per Astaldi e l’iniezione di liquidità diventa dunque un passaggio imprescindibile. Operazione che, peraltro, potrebbe anche portare all’ingresso di un nuovo partner.

Sebbene la famiglia Astaldi intenda fare la propria parte nell’aumento di capitale: «Confermo che questa è la nostra intenzione», ha assicurato il presidente Paolo Astaldi in occasione dell’annuncio della ripatrimonializzazione. Il che potrebbe significare, si è immaginato all’epoca, che la famiglia potesse arrivare a sottoscrivere attorno a 100 milioni, essendo primo socio con poco più del 52% del capitale. Tra l’altro, l’assemblea di approvazione del bilancio 2016 è scattato il voto multiplo che ora vede FinAst, la finanziaria degli Astaldi, avere il 69% dei diritti di voto.

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