Europa e Stati Uniti vanno nella direzione opposta sul fronte della regolamentazione bancaria. Il Vecchio Continente fa passi avanti con le nuove indicazioni in tema di smaltimento dei crediti deteriorati contenute nell’addendum della Bce. Gli Stati Uniti invece fanno marcia indietro. Il Senato americano infatti ha recentemente allentato i criteri che disciplinano la supervisione delle grandi banche da parte della Federal Reserve.
L’attuale normativa prevede una soglia minima fissata in 50 miliardi di dollari di asset in gestione che, se il provvedimento passato al Senato dovesse essere approvato nella sua formulazione anche alla Camera, dovrebbe salire a 250 miliardi. Una modifica di non poco perché in questo modo il numero delle banche sottoposte alla vigilanza passerebbe dagli attuali 38 istituti ad appena 12.
I sostenitori della riforma sostengono che, in questo modo, si tutelano le banche di media dimensione che. svincolate dai costi e dalla burocrazia che la vigilanza impone, potrebbero concentrarsi sul loro principale obiettivo: dare credito all’economia reale.
I detrattori invece mettono in guardia dai rischi della deregolamentazione. L’attuale legge Dodd-Frank è stata approvata proprio per limitare gli eccessi della grande finanza che diedero luogo alla grande crisi finanziaria globale. Smantellandola si dimostra di non aver imparato la lezione del passato proprio nei giorni in cui ricorre il decimo anniversario di uno degli eventi chiave della crisi subprime: il fallimento della banca americana Bear Sterns. Le prove generali di una crisi ben più devastante che sarebbe scoppiata nei mesi successivi con il collasso della Lehman Brothers.
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