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Fornero: «Non toccate le riforme o la spesa pensionistica salirà…

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l’intervista

Fornero: «Non toccate le riforme o la spesa pensionistica salirà oltre il 20%»

(Fotogramma)
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«Senza le ultime riforme, non solo quella del 2011, la spesa pensionistica arriverebbe al 20% del Pil nel 2020, cioè domani». Elsa Fornero non perde una battuta del dibattito di policy e scientifico sul modello pensionistico italiano. E parte da una stima della Ragioneria generale per rispondere alle valutazioni molto critiche sollevate dalla Commissione europea e, qualche giorno fa, in un working paper del Fondo monetario sulla sostenibilità del nostro sistema previdenziale nel lungo periodo. «Quelle valutazioni, molto autorevoli, come del resto le raccomandazioni di Bruxelles e le ultimissime analisi della Bce, ci lanciano un avvertimento: attenti a non arretrare dall’assetto attuale, perché c’è una transizione demografica, oltre al debito pubblico, che non vi lasciano spazio».

Fmi sembra sollevare un problema di sostenibilità della spesa nel lungo periodo anche a politiche invariate
Nel 2014 mi hanno chiesto al Fondo proprio questo. Io ho risposto che la spesa è sostenibile se non si abbandona il contributivo, se si mantiene l’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento alla speranza di vita e se si utilizzano a fondo tutte le flessibilità soft possibili, aggiungo oggi, come quelle appena introdotte, dall’Ape sociale e volontaria alle flessibilità per i lavori usuranti o gravosi.

L’invecchiamento peserà anche sul quadro macroeconomico, come dice la Bce nel suo ultimo Bollettino
Nei prossimi 40 anni raddoppierà il tasso di dipendenza dagli anziani, ovvero il rapporto tra chi ha un’età superiore a quella di lavoro rispetto a quelli tra i 15 e i 67 anni, si passerà dal 33% al 67%. Le stime demografiche sono sempre più precise, sono basate su modelli condivisi a livello internazionale e ai quali non si può rispondere in termini negazionisti come fa certa politica. Ciò detto io non credo che si possa arrivare a una spesa pensionistica sul Pil oltre il 20% neanche nel 2045, come nell’esercizio Fmi. Anche con meno attivi continuo a pensare che i tassi di partecipazione al mercato del lavoro potranno risalire e mantenersi più elevati se verranno adottate le necessarie politiche attive.

Potremmo avere un governo che invece punterà a ridurre i requisiti di pensionamento. Le proposte in campo di Lega e M5S potrebbero costare 90 miliardi di debito implicito secondo il presidente dell’Inps, Tito Boeri
Come si diceva una volta per i salari, oggi si considerano le pensioni come una variabile indipendente. Non è così. Promettere oggi il ritorno alle pensioni di anzianità significa decidere a tavolino di far pagare ai giovani un debito implicito più elevato.

Si chiede la separazione della spesa assistenziale da quella previdenziale
Sono strategie confusionarie, portate avanti da anni da chi chiede sempre più spesa. Esistono convenzioni internazionali a livello Eurostat che non consentono di cambiare la contabilità in un solo paese.

Ma si possono riallocare risorse all’interno del sistema sociale?
Si devono riallocare risorse, noi abbiamo la spesa pensionistica più elevata e in prospettiva dobbiamo sostenere maggiore spesa sanitaria e per le cure ai non autosufficienti in una società che invecchia. Non si può pensare che quell’assistenza resti sulle spalle delle donne né si può pensare che si possa rispondere solo con trasferimenti monetari.

Quale proposta di policy farebbe oggi Elsa Fornero?
Prima parlavo delle flessibilità in sperimentazione come l’Ape, vanno portate avanti e ben monitorate, offrono un’opportunità importante e rappresentano un ponte sostenibile per arrivare alla flessibilità strutturale prevista dal sistema contributivo a regime tra il 2030 e il 2040, quando si potrà scegliere se andare in pensione prima, tra i 65 e i 72 anni, rinunciando a un po’ di pensione se si anticipa di qualche anno.

Oltre a queste sperimentazioni?
Rivendico la proposta di un contributo di solidarietà sulle pensioni retributive più elevate, oltre i 3.000-3.500 euro netti e solo per la parte di pensione che eccede i contributi versati, e non condivido la sentenza della Consulta che definisce interventi di questo tipo come prelievi fiscali. Io la vedrei come un’operazione di pacificazione nazionale. Per quanto riguarda i giovani non credo nelle cosiddette pensioni di garanzia minima, che aumentano il debito esplicito in titoli pubblici e implicito con future promesse da mantenere. Serve invece una contribuzione figurativa piena per i periodi di disoccupazione involontaria, condizionata alla partecipazione dei beneficiari ai programmi di reinserimento o formazione che vengono offerti.

La condizionalità è il limite del reddito di cittadinanza proposto dai Cinquestelle?

Il nostro sistema di politiche attive è ancora molto debole e garantire schemi di condizionalità non è facile. Più che di redditi minimi abbiamo bisogno di politiche del lavoro forti, credibili. E poi bisogna che i salari vengano adeguati, non solo in Italia, come insiste a dire il presidente della Bce, Mario Draghi.

Sembrano proposte alla portata ma il quadro politico è cambiato.
Ho appena finito di scrivere un libro che si intitolerà “Chi ha paura delle riforme” e che Università Bocconi Editore pubblicherà entro maggio. Spiego in questo libro che una riforma vive se è accompagnata, compresa e accettata da tutti, dai cittadini, le imprese, le istituzioni, se è ben comunicata e sostenuta da adeguati programmi di educazione economica e finanziaria. Si deve coinvolgere e convincere, puntare sui comportamenti e le aspettative, non limitarsi a cambiare questa o quella norma. Il nostro sistema di Welfare deve essere aggiornato ma bisogna farlo nella piena consapevolezza collettiva dei limiti entro i quali ci muoviamo.

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