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Quei fondi che accumulano cobalto (ma anche litio, vanadio e terre…

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Quei fondi che accumulano cobalto (ma anche litio, vanadio e terre rare)

Il deposito di Paperone traboccava di talleri e dobloni. Nel mondo che sogna l’auto elettrica c’è chi accumula cobalto: sia governi che privati. Hedge fund e altre società sono impegnati in un’azione di accaparramento, alla luce del sole e nella piena legalità, che li ha portati a sottrarre all’industria migliaia di tonnellate del metallo strategico per produrre batterie.

Il più potente – o forse solo il più visibile – di questi soggetti è Cobalt 27. La società è nata con lo scopo di inghiottire cobalto (il cui numero atomico nella tavola periodica degli elementi è il 27) e ne ha già messo da parte più di quanto si ritiene abbia fatto la Cina.

Si stima che Pechino custodisca circa 5mila tonnellate di cobalto. Cobalt 27 ne ha 2.982,9 tonnellate, tutte in magazzini certificati dal London Metal Exchange, a Baltimora, Anversa e Rotterdam.

Cobalt 27 è sbarcata sul listino di Toronto l’estate scorsa e in due tranche ha raccolto tra gli investitori 300 milioni di dollari canadesi (193 milioni di euro), denaro che ha impiegato per accrescere le scorte di metallo e per mettere in piedi il prossimo business: finanziare lo sviluppo di miniere – tutte fuori dalla Repubblica democratica del Congo – per aggiudicarsene la produzione futura.

La controllata Electric Metals Streaming è stata creata per sottoscrivere accordi di questo tipo: ha già all’attivo otto contratti di royalties, ma il vero obiettivo è lo streaming, in cui alle minerarie viene offerto un pagamento anticipato – utile per sviluppare le attività – in cambio di volumi di produzione futuri a cui magari non sono neppure interessate. Il cobalto infatti è quasi sempre un sottoprodotto dell’estrazione di rame o nickel.

Il maggiore azionista di Cobalt 27, con una quota del 19% , è Pala Investments, società svizzera di private equity fondata da Vladimir Iorich, oligarca russo che a differenza di altri non ama i riflettori: nel suo passato c’è il gruppo siderurgico Mechel, di cui possedeva il 42%, ceduto nel 2006 per fondare Pala.

Gli anni seguenti sono stati costellati di investimenti nel settore minerario, compreso un tentativo pochi mesi fa di rilevare una miniera di terre rare negli Usa: quella di Mountain Pass dell’ex gigante Molycorp, finito in bancarotta.

Pala accumulava anche cobalto, che ha conferito a Cobalt 27 diventandone azionista. È già pronta a ricominciare:  ad agosto ha creato un nuovo fondo, Pala New Energy Metals, con cui si ripromette di investire «anche» in metalli fisici, non solo cobalto, ma pure litio, vanadio, terre rare, nickel e stagno.

Pure il secondo azionista di Cobalt 27, Porter Capital, raccoglieva cobalto con il suo Green Energy Metals Fund. E ora forse ha ricominciato. Insieme a chissà quanti altri nel mondo.

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