
Il modello potrebbe essere quello già battuto per Ilva: un ingresso come partner finanziario e con una quota di minoranza. Cassa depositi e prestiti apre così a un intervento nel dossier Alitalia per bocca del suo presidente, Claudio Costamagna, che ieri, insieme all’ad Fabio Gallia, ha convocato la stampa nella sede milanese del gruppo per presentare i risultati 2017 e l’andamento del triennio. «Esiste una procedura in cui non siamo coinvolti - ha spiegato Costamagna rispondendo a una domanda del Sole 24 Ore e confermando quanto scritto da questo giornale (si veda l’edizione del 13 febbraio) -. Se il vincitore finale avrà interesse ad averci come partner finanziario e di minoranza, siamo a disposizione». Purché, scandisce, «ci sia un piano industriale fattibile e sostenibile, secondo i nostri vincoli statutari. A quel punto ci siederemo a un tavolo e valuteremo se portarla o meno nel nostro cda». Segnali di fumo che non sfuggono al ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. «Fa piacere che adesso abbiano cambiato idea, li sentirò nelle prossime ore per capire esattamente cosa abbia determinato questo cambiamento e come vogliono investire».
Insomma, la porta resta socchiusa in attesa che il futuro governo imprima una direzione chiara alla cessione. Intanto, però, i vertici di Cdp chiudono il cerchio attorno alla loro gestione e consegnano un bilancio di fine mandato di assoluto rispetto sia sul fronte delle risorse mobilitate, pari a 33,7 miliardi nel solo 2017 (+20% rispetto al 2016)- per un totale di 58 miliardi di investimenti attivati - e a 92 miliardi nel triennio 2015-2017 (+17%) sia, soprattutto, in termini di impatto sull’economia italiana grazie alla fotografia stilata da Prometeia, che stima in 162 miliardi le risorse messe a disposizione del sistema nei tre anni del tandem Costamagna-Gallia (con una leva di 1,8x) e in 40 miliardi circa il contributo sul Pil del 2017 (2,3%), con 490mila posti di lavoro creati o mantenuti per effetto della Cassa.
Quest’ultima conferma così il suo ruolo di «motore» del tessuto economico italiano con le risorse mobilitate attraverso quattro binari: internazionalizzazione (15,9 miliardi, +12% rispetto al 2016) con il polo targato Sace-Simest a fare da pivot e la prima che ha conquistato la leadership mondiale tra le agenzie di export credit (Eca) in termini di volumi; imprese (11,2 miliardi, +29%); enti pubblici e infrastrutture (6,3 miliardi (+19%); e, infine, immobiliare (300 milioni, +43%). E con la capogruppo che da sola, nel 2017, ha mosso 19 miliardi, in crescita di oltre il 21% rispetto al 2016, con oltre 41,5 miliardi di investimenti attivati. Sul fronte dei risultati economici, il 2017 si chiude poi con un utile netto della spa di 2,2 miliardi, con un rialzo del 33% sul 2016, per effetto, spiega Gallia ai cronisti, «del margine d’interesse (cresciuto anche per via dell’aumento della remunerazione del conto corrente di tesoreria da parte del Mef, ndr) oltre che del venir meno dei pesanti accantonamenti del 2016 per il fondo Atlante e immobiliare», mentre a livello consolidato l’asticella è pari a 4,5 miliardi (1,2 miliardi nel 2016).
Quanto al dividendo, la linea la ribadisce Costamagna: «Il nostro statuto prevede che l’indicazione arrivi dagli azionisti nell’assemblea dei soci», che è stata fatta slittare, su richiesta del Tesoro, azionista di maggioranza, dal 16 maggio al 20 giugno e che dovrà partorire anche i nuovi vertici. Norme alla mano, le liste dei soci, Mef e fondazioni, vanno presentate almeno 4 giorni prima dell’assise, ma il totonomine è già partito da un pezzo. «Noi siamo qui fino alla scadenza del nostro mandato - sottolinea il presidente -, non sappiamo quello che accadrà dopo. Siamo in prestito a questo mondo, veniamo entrambi dal privato e prima o poi ci torneremo, vedremo se nei prossimi mesi o nelle prossime settimane».
Di certo, invece, ci sono i «contatti» con il fondo Elliott sulla proposta di scorporo della rete Telecom, confermati da Costamagna, che però ribadisce la linea. «Fusione tra Open Fiber e Telecom? Per il momento siamo soli e balliamo da soli». Mentre su Ilva spetta a Gallia dettare la posizione. «Tifiamo per loro e siamo sempre disponibili, se necessario, a prendere una quota, stiamo seguendo il corso degli eventi». Quanto a Saipem, «ci aspettavamo una performance migliore - spiega Costamagna - ma è un investimento che abbiamo già recuperato e comunque oggi non è in vendita». Infine, il capitolo Fincantieri e l’alleanza con Parigi nel militare. «Siamo molto soddisfatti come azionisti - sottolinea Gallia -, la società ha affrontato una crisi durissima e i dati presentati testimoniano la ripresa fatta». E l’operazione con i francesi «non fa bene solo all’azienda ma anche al paese». Ma il ceo preferisce non sbilanciarsi sulle tecnicalità dell’annunciata integrazione tra Fincantieri e Naval. «Se prevarrà il modello Stm (dove il 27,5% della società è detenuto da un veicolo controllato pariteticamente dal Mef e dallo Stato francese, ndr)? Vedremo», si limita a dire.
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