Assediato dalla spietata concorrenza dell’e-commerce capitanato da un’onnivora Amazon e da un’erosione ormai preoccupante delle performance nei suoi storici grandi magazzini, Walmart ha deciso di passare al contrattacco. E il re dei retailer a basso costo l’ha fatto smarcandosi sempre più dal tradizionale business che ha costruito l’impero fondato nel 1962 dalla famiglia Walton in Arkansas: ha intavolato a sorpresa negoziati con la compagnia di assicurazione sanitaria Humana - trasformandosi, a caccia di nuove opportunità di espansione e redditività, in potenziale protagonista del consolidamento in atto nel vasto mercato dei servizi di assistenza medica ai consumatori americani.
Le trattative sono ancora agli stadi iniziali e stanno considerando diverse opzioni, da una vera e propria fusione da svariate decine di miliardi di dollari a più limitate forme di partnership. Ma il messaggio dei colloqui, riportati inizialmente dal Wall Street Journal, si fa ugualmente ascoltare: Walmart non può più rimanersene comodamente seduta sugli allori di un giro d'affari che pure nell'ultimo anno ha raggiunto la cifra monstre di 500 miliardi di dollari, più della somma di gruppi del calibro di Apple e ExxonMobil.
Il segno delle ineluttabili pressioni che forzano la mano al cambiamento di strategia, in realtà, sono i profitti: scivolano da tre anni a questa parte, una flessione d'insieme che non è più possibile ignorare, pari al 30%, a 10,5 miliardi di dollari. Ancora: negli ultimi cinque anni, il rendimento complessivo per gli azionisti è stato del 35%, una percentuale che, decisamente, non può che sfigurare, al cospetto dell’87% messo a segno dell’indice S&P 500.
La mire su Humana sono tutt’altro che un affare fatto. Assorbire l'assicuratore non si presenta come una missione facile: la preda vanta una capitalizzazione di mercato da 37 miliardi, ben superiore anche in assenza di un necessario premio alle esperienza di merger finora avute da Walmart. Il record del gigante dei retailer è tuttora rappresentato dai 10,8 miliardi spesi per rilevare nel 1999 il britannico Ada Group.
A giocare a favore dell’operazione sono però le scommesse già effettuate dal colosso di Bentonville proprio nel comparto sanitario: ha aperto negli ultimi anni mini-cliniche nei propri negozi in grado di offrire assistenza d’emergenza e vaccinazioni, accompagnate dall’offerta sui suoi scaffali di un ventaglio di farmaci generici. Inoltre Walmart vanta attività condivise con la stessa Humana: da una decina d'anni gestiscono assieme piani di assistenza nei medicinali sotto l'egida di Medicare, il servizio pubblico per gli anziani. Di fatto farmacie targate Walmart coprono prescrizioni a basso basso costo, servizi che potrebbero ampliarsi enormemente grazie a un futuro merger.
Per massimizzare nuovi servizi sanitari e di benessere mirati agli utenti, Walmart potrebbe inoltre ricorrere a informazioni ricavate da falangi di consumatori che scelgono di recarsi nei suoi punti vendita per comprare beni alimentari, segmento di cui è ormai leader. L’azienda ha acquisito particolare “visibilità” sulle necessità provocate dall’invecchiamento della popolazione: i “visitatori” dei grandi magazzini hanno un’età media di 50 anni.
Walmart, oltretutto, non è la sola grande azienda nella Corporate America a ripensare il proprio impegno nel settore sanitario. Ancora la grande rivale Amazon ha innescato una inedita partnership con Berkshire Hathaway e JP Morgan per spingere sull’innovazione e i risparmi nell’assistenza. E l’intero comparto sanitario e farmaceutico appare maturo oggi per accelerazioni nella sua concentrazione.
L'assicuratore Cigna, infatti, sta acquistando il gestore di prescrizioni e benefit sanitari Express Script. Mentre la catena di drugstore Cvs intende assorbire la compagnia di assicurazioni Aetna. Fusioni sono scattate anche tra colossi degli ospedali, a loro volta in cerca di maggiori dimensioni che portino in dote potere negoziale, efficienza e contenimento dei costi.
© Riproduzione riservata