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Mutui, sale il rischio volatilità ma non ci saranno impennate

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Mutui, sale il rischio volatilità ma non ci saranno impennate

Sui mercati è scoppiato il caso Libor, uno degli indici interbancari più utilizzati su scala globale dagli istituti di credito per la gestione della liquidità ordinaria e per l’universo dei prestiti a tasso variabile. La recente impennata delle quotazioni di questo indice ha fatto drizzare le orecchie a una fetta consistente di mutuatari in tutto il mondo. È così anche per l’Italia? La risposta è «Ni». No per la maggior parte dei mutuatari (il cui mutuo è agganciato ad altri parametri, come Euribor o tasso di riferimento della Bce), sì per una quota residuale di mutuatari che hanno voluto (consapevolmente o meno) rischiare, ovvero hanno stipulato un mutuo a tasso variabile in franchi svizzeri.

L'EREDITÀ DEL LIBOR
Valore nominale dei contratti indicizzati a Libor, Euribor e Tibor a fine 2014. Dati in migliaia di miliardi di dollari (Fonte: Isda)

Per la gran parte, come si accennava prima, la recente scorribanda al rialzo del Libor non è di diretto interesse, perché l’indice da monitorare appartiene sempre al mercato interbancario ma si chiama Euribor: un tasso in questo momento negativo (rispettivamente -0,372% quello a 1 mese e -0,328% a quello a 3 mesi), che sta obiettivamente garantendo a chi rimborsa un mutuo a tasso variabile il minimo storico, in termini nominali, delle rate calcolate nei piani di ammortamento e dei tassi finali proposti dalle banche (oggi nel migliore dei casi si possono stipulare mutui a tasso variabile sotto l’1% anche con loan-to-value, ovvero la percentuale di finanziamento rispetto al valore dell’immobile, elevati e cioè vicini all’80%).

Resta da chiedersi se anche l’Euribor possa rischiare di subire in futuro le stesse forti oscillazioni su cui è inciampato il fratello «straniero» Libor. Va detto che la crisi di queste ultime settimane è originata da motivazioni strettamente tecniche e non certo legata a problemi del mercato interbancario. È quindi una situazione diversa da quella che si sviluppò fra il 2008 e il 2009 quando tanto il Libor quanto l’Euribor salirono alle stelle (quest’ultimo superò addirittura il 5%) proprio per il motivo peggiore: ovvero le banche non si fidavano l’una dell’altra e per prestarsi soldi tra loro chiedevano tassi interbancari molto alti.

Uno scenario simile è oggi da escludere tanto per il Libor quanto per gli Euribor, perché non c’è nessuna crisi di liquidità o di fiducia tra i prestatori di credito ma è semplicemente in corso una revisione istituzionale degli indici, come si legge nell’articolo sopra. Per l’Euribor in particolare i tempi previsti per il cambiamento sono però lunghi e al momento difficili da prevedere, così come è difficile capire quale sarà il reale impatto sui mutui in essere e su quelli da stipulare in futuro.

Di più concreto per i mutuatari italiani ci sono sin da oggi e tutti i giorni i future sull’Euribor, che stimano da qui a 5 anni come si muoverà l’indice dei mutui a tasso variabile. Secondo questi contratti l’Euribor a 3 mesi salirà dall’attuale soglia (-0,328%) all’1,285% nel 2023. In 5 anni lieviterà di circa 150 punti base. Se questa previsione sarà confermata, chi sta pagando oggi un mutuo di 150mila euro da rimborsare in 20 anni, si troverà fra un lustro a pagare circa 100 euro in più al mese di rata.

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