«Missione compiuta» per l’Opec e i suoi alleati. A decretarlo è l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo cui le scorte di petrolio in eccesso, che dal 2014 avevano fatto da zavorra alle quotazioni del barile, sono praticamente scomparse
Nel mondo industrializzato potrebbero scendere sotto la media degli ultimi cinque anni fin dal prossimo mese, purché i consumi non deludano, un rischio che l’Aie non esclude viste le mincacce di guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Già alla fine di febbraio le scorte petrolifere nei Paesi Ocse mostravano un surplus di appena 30 milioni di barili rispetto al parametro scelto dall’Opec per misurare il successo dei tagli produttivi. L’Agenzia stima che alla fine del mese scorso gli stock nell’area fossero scesi a 2,841 miliardi di barili e che nel caso dei prodotti raffinati ci fosse già un deficit.
Di qui alla fine dell’anno potrebbero mancare all’appello 600mila barili al giorno, tra greggio e derivati, il che porterebbe a un’ulteriore riduzione delle scorte.
«Non spetta a noi dichiarare per conto dei Paesi dell’accordo di Vienna che la missione è compiuta – commenta l’Aie – Ma se le nostre previsioni sono accurate sembra proprio che sia così».
Lo scenario concorda con quello dipinto ventiquattr’ore prima dal rapporto mensile dell’Opec ed è anzi ancora più ottimista sui tempi di smaltimento del surplus, che a inizio 2016 aveva fatto sprofondare le quotazioni del barile sotto 30 dollari. Ora, anche per effetto delle crescenti tensioni geopopolitiche, il Brent ha superato 73 $, un record da oltre tre anni.
Anche ieri il greggio si è mantenuto vicino ai massimi. Il riferimento europeo ha chiuso a 72,58 $ (+0,8%), concludendo la settimana con un rialzo di circa l’8%, una performance che non si vedeva da luglio 2017.
Sul fronte dei fondamentali l’Opec e i suoi alleati sono riusciti a contrastare anche la crescita strepitosa dello shale oil: a marzo hanno tolto dal mercato ben 2,4 mbg, stima l’Aie, molto più degli 1,8 mbg promessi. Ma ci sono stati tagli involontari per almeno 800mila bg, dovuti al crollo dell’industria petrolifera venezuelana e alla debolezza dell’offerta africana, in particolare di Angola e Libia.
L’Opec nel complesso ha prodotto 31,83 mbg, meno dei 32,5 mbg che l’Agenzia prevede che il mercato le chiederà nel resto dell’anno. I Paesi non Opec, al traino come sempre degli Usa, continuano invece ad accelerare le estrazioni: l’Aie si aspetta un incremento di 1,8 mbg nel 2018.
Al momento anche la domanda mantiene una crescita notevole, confermata anche dal nuovo boom di importazioni della Cina: le statistiche doganali hanno evidenziato ieri un balzo di quasi il 10% dell’import di greggio in marzo, a 9,22 mbg, superato solo dal record storico di 9,57 mbg in gennaio. L’Aie si aspetta ancora che la domanda petrolifera globale aumenti di 1,5 mbg nel 2018. Tuttavia avverte che se dazi e controdazi entrassero in vigore ci sarebbero «forti conseguenze» per i consumi.
© Riproduzione riservata