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Telecom, chi vincerà fra Vivendi ed Elliott? Genish risponde al…

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iNTERVISTA AL CEO

Telecom, chi vincerà fra Vivendi ed Elliott? Genish risponde al Sole

Amos Genish, ceo di Telecom Italia, è in mezzo alla battaglia del suo azionariato, da una parte Vivendi dall’altra Elliott. Chi ha torto e chi ha ragione? E chi vincerà: Singer o Bolloré?
Anzitutto vorrei chiarire che esiste una significativa differenza tra la strategia supportata dal consiglio Tim e il libro bianco di Elliott. Per garantire una sostenibile creazione di valore occorre focalizzarsi sul miglioramento della metrica finanziaria e operativa della società. Che vuole dire trasformazione digitale, migrazione alla fibra, cloud, digitalizzazione end to end, allocazione efficiente degli investimenti.

Il piano Tim ha l’obiettivo di aumentare il free cash-flow prima della distribuzione dei dividendi a 4,5 miliardi (cumulati) in tre anni, quasi il triplo rispetto agli 1,6 miliardi generati nei tre anni precedenti. Questo ci aiuterà a ridurre l’indebitamento: a fine esercizio raggiungeremo un rapporto net debt/Ebitda di 2,7 volte, che calerà ulteriormente negli anni successivi. Quando recupereremo l’investment grade - e penso potrà succedere già nel 2018 - si potrà cominciare a ragionare sul ritorno al dividendo per le azioni ordinarie. Quanto al perimetro del gruppo, l’unico asset che potremmo cedere è Sparkle, poi bisogna vedere perchè ci sono i vincoli del golden power. Tutto il resto per il nostro business è strategico.

Anche Inwit? Le voci di mercato parlavano di disimpegno.
Certamente. Inwit e il Brasile, sono asset strategici. Elliott ha un approccio più finanziario. L’impressione è che questo porti a cambiamenti drastici: la cessione della maggioranza della società della rete, la perdita del controllo su Inwit, M&A in Brasile (non voglio dire il nome, ma il mercato specula su Oi). Tim resterebbe una società di servizi, concentrata sull’Italia, fragile e indebitata perchè dovrà distribuire dividendi a pioggia. Elliott punta alla creazione di valore per gli

azionisti con la monetizzazione della Netco, di Inwit e del Brasile. Noi riteniamo centrale per il nostro business la rete e importante l’integrazione verticale. La separazione non ha funzionato bene nei pochi casi in cui è stata realizzata. Altrettanto riteniamo che, soprattutto con l’avvento del 5G, abbia un significativo valore per Telecom controllare Inwit. Quanto a operazioni di M&A in Brasile questo potrebbe cambiare il profilo di rischio e compromettere l’afflusso di dividendi da Tim Brasil. La società superstite sarebbe vulnerabile, non in grado di competere con i concorrenti internazionali. La politica dei dividendi si potrà ridiscutere solo quando le basi saranno più salde: bisogna fare attenzione ai passi prematuri. In conclusione: noi abbiamo il focus sull’operatività e una visione di lungo termine, Elliott sugli aspetti finanziari e un’ottica di più breve periodo.

Vuol dire che non si cambierà nulla nei piani di Tim?
C’è sempre spazio di discussione. Elliott è un azionista importante, ma non dispone di informazioni dall’interno dell’azienda. Spero che comprendano che ci sono delle limitazioni in quello che si può fare e che si avvicinino alla visione del management.

Conferma che li incontrerà nuovamente tra qualche giorno?
Li ho incontrati più volte, l’ultima qualche giorno fa. Al momento non ho altri appuntamenti in agenda, ma ritengo importante come ceo di Tim ascoltarli e credo che anche per loro sia importante ascoltare me perchè si sviluppi un dialogo costruttivo.

Ma incontra Elliott come messaggero di Vivendi o come manager indipendente?
Come ceo di Tim, non come messaggero di Vivendi.

Non ha risposto però alla mia prima domanda: chi vincerà?
Non è prevedibile quello che succederà all’assemblea del 24 aprile o a quella del 4 maggio. Posso però dire, avendo incontrato molti investitori, che se si votasse sul piano la stragrande maggioranza sarebbe a favore. Vivendi sostiene in pieno il piano e questo è quello che importa al management.

Il mercato non ha gradito che, astenendosi in assemblea, Vivendi abbia stoppato la conversione delle risparmio attesa da vent’anni. È un obiettivo per lei?
La conversione dipende da quanto gli azionisti siano disposti a sopportare la diluizione che ne consegue. Il management può solo scegliere il timing: da fine settembre quando sono stato nominato ad non ci sono mai state le condizioni tecniche per poter proporre l’operazione. Comunque oggi la differenza di remunerazione tra le due categorie di azioni è di 160 milioni, quando si inizierà a pagare il dividendo anche alle ordinarie la differenza scenderà a 66 milioni. Voglio dire che non è un problema di impatto materiale, semmai di struttura del capitale non ottimale.

L’ipotesi di una fusione tra la rete Telecom e Open Fiber gode di ampi consensi. Ha mai considerato l’opzione o potrebbe considerarla in futuro?
Ci sono alcuni vantaggi nel limitare le duplicazioni, questo potrebbe creare valore per gli azionariati di entrambe le società, ma dipende dal valore del business che oggi non è chiaro nè per noi nè per loro. C’è poi il tema Antitrust e Agcom, sarebbe da verificare quali rimedi verrebbero imposti. Molti invocano un modello Rab, ma per adottarlo deve cambiare la regolamentazione. Comunque non è realistico il multiplo di 8,3 volte l’Ebitda che cita Elliott, è esagerato perché la Netco non sarebbe una utility: infatti la Netco quotata in Nuova Zelanda ha un multiplo di poco superiore a 6. Noi siamo sempre favorevoli al consolidamento, siamo aperti a discuterne, ma finora il ceo di Enel (che con Cdp è azionista paritario di Open Fiber, ndr) si è sempre mostrato non interessato.

Il Governo però non sembra soddisfatto dell’avanzamento degli investimenti in fibra di Telecom Italia. Del resto il piano precedente prevedeva per fine 2017 una copertura Fttc (Fiber to the cabinet) all’85%, invece vi siete fermati al 77%.
Chi l’ha detto che il Governo non è soddisfatto? Ogni volta che ci ho parlato sono sempre sembrati contenti di quanto stiamo facendo, visto che siamo il più grande investitore in Europa, destinando alle infrastrutture oltre il 20% dei nostri ricavi. Da parte mia, mi sono impegnato con il Mise e l’Agcom a raggiungere, insieme a Infratel, gli obiettivi dell’agenda digitale europea che per il 2025 prevedono la copertura integrale del territorio con almeno 100 mega. Tim investirà molto anche sul 5G che per la competitività di un Paese è forse anche più importante della fibra. E vorrei ricordare che nessuna telco in Europa investe come noi più del 20% dei suoi ricavi. Quanto alla copertura, c’è un ritardo di sei mesi tra la posa della fibra e la sua accensione, ma quest’anno supereremo l’80%.

Il ruolo di Michel Sibony è stato criticato da molti. Non ritiene sia poco efficiente per un gruppo che muove 11 miliardi di acquisti avere un responsabile part-time?
Fisicamente Sibony è presente due giorni e mezzo alla settimana, ma oggi un manager non deve essere sempre presente e lui è al lavoro 24 ore su 24.

Sì, però non è fisicamente presente perchè ha molti altri impegni a Parigi nel gruppo Bolloré, in Vivendi, in Havas, in Canal Plus.
La priorità numero 1 in questo momento per lui è Tim. Noto con disappunto che continua a circolare la teoria del complotto e penso che gli attacchi a Sibony siano una reazione alla politica di elevare la supply chain al livello dei migliori standard internazionali, cosa che sta già producendo risultati. Telecom ha sovrapagato i fornitori per anni, adesso si cambia. Poi chiaramente ci sarà un direttore acquisti a tempo pieno, ma in questo momento è importante avvalersi dell’esperienza internazionale di un manager come Sibony.

Sky e Mediaset hanno stretto un accordo di scambio contenuti, che però non comporta esclusive. È ancora valida da parte vostra l’offerta sui contenuti Mediaset da 460 milioni?
Il progetto è ancora valido. Vogliamo offrire il triple play, con broadband e mobile, comprando contenuti internazionali e locali. In Italia i player principali sono Sky e Mediaset. Con Sky abbiamo negoziato intensamente, ma poi - forse ci percepivano come una minaccia - si sono ritirati. Con Mediaset ci siamo visti anche la scorsa settimana e sono fiducioso di arrivare alla firma in tempi ragionevoli. Chiaramente però il budget è cambiato anche perchè non possiamo più contare sull’apporto di Canal Plus, visto che la gestazione della joint venture - che doveva servire da veicolo - ha avuto dei ritardi e il management Tim ha deciso di andare avanti da solo.

E il calcio? All’asta per la serie A avevate offerto 40-50 milioni, si dice.
Preferisco non commentare le cifre, ma l’ingresso di Mediapro ha aperto nuove prospettive. Li abbiamo incontrati una settimana fa e conto che abbiano compreso che conviene anche a tutti consentire a Tim di entrare in gioco e allargare il mercato. Certamente non abbiamo il budget di Sky, perchè non abbiamo cinque milioni di abbonati, ma l'importante è iniziare.

Cdp: le sembra corretto non tener conto dell’evoluzione dell’azionariato nel ricomporre un nuovo board?
Non sta a me rifare il cda. Avremo l’occasione di incontrarci e di capire la loro posizione. Ci sono molti aspetti da chiarire - considerato anche che la Cassa è anche azionista di Open Fiber - ma non tocca al management Tim farlo, bensì alla Cdp.

In conclusione: se ne andrà da Tim se Vivendi finisce in minoranza?
Tim è un progetto che mi sta a cuore e considero un privilegio restarne alla guida. Conosco Vivendi e so che sostiene con convinzione il mio piano: la lista di Vivendi la conosco meglio. Con gli altri ho poca dimestichezza, ma non è Elliott che entrerebbe in cda bensì i suoi candidati indipendenti. Ho avuto occasione di parlare recentemente solo con uno di loro, Fulvio Conti, e l’ho trovato una persona ragionevole di vedute aperte. Certamente se cambia la composizione del consiglio il piano andrà riconfermato. Occorrerà verificare se nel board ci sarà un clima di fiducia e allineamento col ceo, è una questione di “chimica”. L’importante però è che questa telenovela finisca il prima possibile, speriamo finisca il 4 maggio. È molto rischioso e dannoso per la società un conflitto prolungato tra gli azionisti: vorrei che fosse chiaro a tutti. Come deve essere anche chiaro che l’azienda sta andando avanti con l’implementazione del piano strategico e il raggiungimento degli obiettivi operativi comunicati al mercato.

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